Omelie - Il Vangelo della domenica
a cura di Goffredo Boselli
Vita Pastorale (n. 8/2025)
ANNO C – 15 agosto 2025
Assunzione della Beata Vergine Maria
Apocalisse 11,19; 12,1-6a.10ab • Salmo 44 • 1Corinzi 15,20-27a • Luca 1,39-56
(Visualizza i brani delle Letture)
Assunzione della Beata Vergine Maria
Apocalisse 11,19; 12,1-6a.10ab • Salmo 44 • 1Corinzi 15,20-27a • Luca 1,39-56
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BEATA PERCHÉ HA CREDUTO
«Beata colei che ha creduto»; la sola e vera beatitudine che i Vangeli attestano di Maria è la beatitudine di chi ha creduto. La sua fede e nient'altro fa di Maria una donna che conosce quella beatitudine che le viene attribuita, perché ha creduto che si sarebbe realizzato ciò che il Signore le aveva detto per bocca dell'angelo: «Concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù».
La beatitudine, quella gioia semplice dei semplici, è il frutto di una fede che Maria ha già concretamente esercitato. Per questo Elisabetta esclama «Beata colei che ha creduto», perché in Maria la fede non è stata un semplice riferimento, non è rimasta sullo sfondo della sua vita, ma in lei la fede è avvenuta, si è fatta risposta pronta e obbedienza libera. La fede è diventata un "sì" che ha vibrato fin nelle fibre più intime, così da trasformare tutto il suo essere.
Per questo può rispondere: «Eccomi, sono la serva del Signore». "Eccomi" è la parola della fede, perché significa "ecco me!". Consegno a te tutto e nient'altro che "me". E subito aggiunge: «Io sono la serva del Signore»."Io sono", l'obbedienza alla parola del Signore fa di Maria un altro essere. Non sarà più ciò che è stata fino ad allora, semplicemente perché il suo corpo non è più quello di prima, è un corpo abitato, un corpo fecondato dallo Spirito santo che l'ha resa madre. È ciò che è avvenuto nel corpo di Maria che testimonia la sua fede. Fino a quando la nostra risposta di fede al Signore non giunge a segnare e trasformare il nostro corpo essa non raggiunge tutto il nostro essere e la nostra vita. Anche nelle cose della fede, ciò che non si vive con il corpo e nel corpo non è realmente vissuto.
La festa dell'assunzione al cielo di Maria rappresenta il compimento della sua beatitudine. È la beatitudine giunta a una tale pienezza che sarà sempre riconosciuta: «Tutte le generazioni mi chiameranno beata», canta la Chiesa nel Magnificat immedesimandosi in Maria. Anche noi oggi chiamiamo Maria" beata", confessando che tutto il suo essere, il suo corpo abita «nella dimora del Signore per giorni senza fine». Contempliamo un corpo che giunge alla meta e al fine del suo cammino e per questo è "corpo di gloria" dopo essere stato, come ogni corpo umano, un "corpo di miseria". Dalla miseria alla gloria, questa è la vocazione alta del nostro corpo!
Noi nasciamo carne ma siamo chiamati a diventare corpo. Carne è la nostra condizione d'origine, il già là della nostra esistenza, mentre il corpo è ancora largamente per noi futuro, quasi un'aspirazione. Aspirare ad avere un corpo diventa un vivere nella speranza di un incontro. Ogni uomo, ogni donna diventa veramente corpo quando fa l'esperienza dell'incontro con l'amata, con l'amato, ma anche con la natura, la cultura, la società. È corpo chi si fa corpo. E allora il cammino di umanizzazione per noi da compiere è nient'altro che questo: come, con che cosa, con chi farò corpo?
Oggi celebriamo, al di là dello spazio e del tempo, il compimento di quel primo incontro tra Maria e il Signore a Nazaret. L'incontro ultimo non poteva essere contemplato e compreso se non così, perché gli incontri di Dio con Maria sono incontri che solo nella fede della Chiesa, possono essere creduti e celebrati. Chi può comprendere comprenda «ciò che Dio ha preparato per quelli che lo amano».
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