XX Domenica del Tempo ordinario (C)




Omelie - Il Vangelo della domenica
a cura di Goffredo Boselli
Vita Pastorale (n. 8/2025)


ANNO C – 17 agosto 2025
XX Domenica del Tempo ordinario

Geremia 38,4-6.8-10 • Salmo 39 • Ebrei 12,1-4 • Luca 12,49-53
(Visualizza i brani delle Letture)


IL FUOCO ACCESO

«Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso». Il fuoco è una realtà potente, un simbolo inesauribile di vita e passione. Nella Bibbia il fuoco definisce l'identità di Dio e qualifica tanto la potenza della sua ira quanto il suo amore, la passione e la gelosia per Israele: «Il Signore, tuo Dio, è un fuoco che consuma, un Dio geloso» (Dt 4,24). Il profeta Geremia descrive la forza seducente di Dio come un fuoco travolgente che gli brucia dentro: «Nel mio cuore c'era un fuoco ardente, trattenuto nelle mie ossa: misforzavo di contenerlo, ma non potevo» (Ger 20,9). Più avanti sarà Dio stesso a ricordare al profeta la sua esperienza: «La mia parola non è forse come il fuoco?» (Ger 23,29).
Nei Vangeli, Giovanni il Battista annuncia che il più forte di lui «vi battezzerà con Spirito santo e fuoco» (Lc 3,16), così che il battesimo di Gesù è un'immersione nel fuoco, simbolo dello Spirito santo, fiamma di purificazione, prova, affinamento e trasformazione. Anche il salmista, pur consapevole della sua innocenza, invocava: «Scrutami Signore e provami, affina al fuoco il mio profondo [i miei reni] e il mio cuore» (Sal 26,2). Agostino d'Ippona così commenta il versetto: «Con che cosa brucerai i miei reni? Con il fuoco della tua parola. E con che cosa brucerai il mio cuore? Con il calore del tuo Spirito. Di questo calore altrove è detto: "Nessuno sfugge al suo calore"(Sal19,7), mentre del fuoco il Signore dice: "Sono venuto a gettare il fuoco sulla terra" (Lc 12,49)» (Commento sui Salmi 25,II,7).
Gesù stesso si è definito come colui che è venuto ad accendere il fuoco, esprimendo il desiderio o forse il sogno «come vorrei che fosse già acceso» (Lc 12,49). Come non ricordare un detto di Gesù presente nel Vangelo gnostico di Tommaso: «Chi è vicino a me è vicino al fuoco» (n. 82). Il fuoco è una delle realtà più intense ed evocative con la quale Gesù ha raccontato sé stesso come persona divorata da un fuoco interiore, esprimendo quella grande passione che per tutta la vita è stata l'origine delle sue parole e dei suoi gesti. Il suo compito sulla terra è stato quello di seminare il seme del fuoco che è la parola di Dio, un fuoco che brucia nel cuore d'ogni essere vivente. Con la sua morte in croce e la sua risurrezione Gesù ha acceso quel fuoco che con la sua persona era venuto a portare, che altro non è che il suo Vangelo.
Come non ricordare che per Abraham Heschel «la religione nasce dal fuoco, da una fiamma che consuma le scorie dello spirito e dell'anima; ma corre il rischio di vivere ai margini del fuoco» (L'uomo non è solo). Il desiderio espresso da Gesù è che quel fuoco che è venuto a gettare sulla terra sia acceso. Dopo duemila anni di cristianesimo il fuoco che Gesù ha gettato sulla terra divampa, arde, brucia? Il cristianesimo non è solo vino nuovo che rompe otri vecchi, ma anche fuoco che arde per passione e audacia di novità in primo luogo contro l'agonia di sé stesso, quell'agonia che Emmanuel Mounier già costatava nel 1946 e che oggi ci sta davanti in tutta la sua nitida evidenza: «Quando il cristianesimo sbaglia, che almeno sbagli con grandezza, nell'audacia, nella sfida, nell'avventura, nella passione. Ma che il cristianesimo venga a confondersi con la timidezza sociale, con l'equilibrismo e il cieco timore del popolo, ecco ciò che non potremmo mai permettere» (Agonia del Cristianesimo?, 1946).


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