Omelie - Il Vangelo della domenica
a cura di Goffredo Boselli
Vita Pastorale (n. 8/2025)
ANNO C – 3 agosto 2025
XVIII Domenica del Tempo ordinario
Qoèlet 1,2;2,21-23 • Salmo 89 • Colossesi 3,1-5.9-11 • Luca 12,13-21
(Visualizza i brani delle Letture)
XVIII Domenica del Tempo ordinario
Qoèlet 1,2;2,21-23 • Salmo 89 • Colossesi 3,1-5.9-11 • Luca 12,13-21
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INSICUREZZA DELL'ANIMA
Quest'individuo è già un uomo ricco e la sua terra ha prodotto un raccolto abbondante. È stato uno di quegli anni in cui c'è stato abbastanza sole e la giusta quantità di pioggia. Non c'è indicazione che abbia lavorato più duramente per questo raccolto che per qualsiasi altro, ma quell'anno ha avuto un'enorme eccedenza, tanto che i suoi granai non erano grandi a sufficienza per conservarlo tutto.
Ma non sembra considerare questo raccolto abbondante una benedizione di Dio, né sembra avere una minima attitudine alla riconoscenza e al ringraziamento, dal momento che «del Signore è la terra e quanto contiene» (Sal 24). Sentiamo poi il suo monologo interiore mentre si chiede cosa farà con questo raccolto in eccesso. Un monologo dove il pronome "io", occupa tutto senza lasciare spazio a nient'altro: «I miei raccolti, i miei granai, il mio grano, i miei beni...». In questo breve brano, la prima persona ricorre non meno di dodici volte.
Quest'uomo non pensa né agli altri né a Dio, ma solo a sé stesso. Vive e progetta il futuro come se tutto ciò che possiede gli appartenesse di diritto e nulla deve né a Dio né agli uomini. Quest'uomo progetta di immagazzinare il raccolto in granai nuovi e più grandi; così facendo, si aspetta d'essere al sicuro dalla miseria per molti anni. Dice tra sé: «Amico mio, hai a disposizione molti beni, per molti anni; riposati, mangia, bevi e goditi la vita!». Ma se tutti i suoi beni appartengono a lui, la sua vita non gli appartiene, di essa non può disporre. «Anche se uno è nell'abbondanza, la sua vita non dipende dai suoi beni», ricorda Gesù.
Nel raccontare questa parabola Gesù non sottolinea solo l'egoismo di quest'uomo, ma anche la sua preoccupazione per la sicurezza, che guida tutte le sue azioni. I beni materiali possono dare un'impressione di sicurezza, ma è una falsa sicurezza, basata su un'illusione: quella di proteggersi dalla fragilità umana. Ma non c'è bene materiale che può proteggere nessuno dalla morte.
Con questa parabola, Gesù ci ricorda di non perdere mai di vista la propria fragilità. Nessuno può sfuggire alla condizione mortale, nemmeno il più prudente o il più lungimirante. Si cerca sicurezza per dimenticare la propria fragilità, per coprire la propria angoscia. A spingerci è la paura di perdersi qualcosa, la paura di ciò che potrebbe accadere.
Il filosofo spagnolo José Ortega y Gasset ha scritto: «Viviamo in un'epoca che si sente favolosamente capace di realizzazioni, ma non sa cosa vuole realizzare. Domina ogni cosa, ma non è padrona di sé stessa. Si sente persa nella propria abbondanza. Con più mezzi, più conoscenza e più tecnologia che mai, il mondo attuale è il più infelice dei mondi: sta semplicemente andando alla deriva. Da qui quella rara miscela di potenza orgogliosa e insicurezza che l'anima contemporanea contiene. [...] Di solito, ci rifiutiamo di riconoscere quella pulsazione spaventosa che rende ogni momento sincero un cuore minuscolo ed effimero; ci sforziamo di recuperare la nostra sicurezza e di renderci insensibili al nostro drammatico destino. [...] La sicurezza delle epoche di pienezza è un'illusione ottica. La vita ci sfugge di mano, diventa completamente indisciplinata, e oggi avanza senza freni, senza una direzione definita» (La ribellione delle masse, 1930).
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