Omelie - Il Vangelo della domenica
a cura di Goffredo Boselli
Vita Pastorale (n. 9/2025)
ANNO C – 19 ottobre 2025
XXIX Domenica del Tempo ordinario
Esodo 17,8-13 • Salmo 120 • 2 Timoteo 3,14-4,2 • Luca 18,1-8
(Visualizza i brani delle Letture)
XXIX Domenica del Tempo ordinario
Esodo 17,8-13 • Salmo 120 • 2 Timoteo 3,14-4,2 • Luca 18,1-8
(Visualizza i brani delle Letture)
PREGHIAMO PERCHÉ CREDIAMO
È sulla vedova e non sul giudice che Gesù attira la nostra attenzione. A quei tempi, molte di queste donne sole hanno dovuto arrendersi di fronte alle ingiustizie subite nella loro vita. Molte di loro hanno perso il coraggio o semplicemente non hanno più avuto la forza di lottare. La povertà spesso rende deboli e fa perdere il coraggio. Tuttavia, la vedova della parabola non è pronta ad arrendersi. Continua a insistere e a pregare il giudice fino a quando lui, estenuato, non reagisce e le rende giustizia.
Questa donna è pronta a lottare anche se non ha alcuna prospettiva di vincere la sua causa. Lei, che normalmente è considerata una persona debole, una persona che non ha un posto riconosciuto nella società, diventa forte, fa sentire la sua voce, non accetta di essere messa da parte. La povertà alza la voce e si fa sentire, la giustizia vuole guadagnare terreno contro l’ingiustizia. Con la sua perseveranza nei confronti del giudice, ricorda allo stesso tempo la costante esortazione di Dio al suo popolo a lavorare per la giustizia e il diritto. La voce della vedova diventa così la voce di Dio.
È particolarmente eloquente oggi questa figura della vedova che lotta per la giustizia. Nonostante tutti i nostri sforzi, viviamo in un mondo che è dominato da ogni sorta di ingiustizia. Di fronte ai grandi di questo mondo e alle loro grandi ingiustizie noi cristiani siamo come questa vedova del Vangelo: senza voce, senza potere, senza influenza reale, senza nemmeno diritti.
Ciascuno conosce nella sua vita, sia personale che sociale, situazioni di iniquità in cui non ha potuto fare nulla, in cui è stato costretto ad accettare l’ingiustizia con grande amarezza. Di fronte alla guerra e alle tante forme di ingiustizia, esperimentiamo una schiacciante forma d’impotenza, sentiamo di non poter fare nulla, come la vedova della parabola. In molte cose, ci sentiamo privati della possibilità di agire per il bene, per la giustizia, per la pace.
Eppure, siamo chiamati a interiorizzare l’atteggiamento della vedova nella parabola: non mollare, non smettere di pregare per la giustizia e per la pace. Fare rumore, gridare a Dio, gridare giorno e notte affinché la giustizia finalmente si realizzi.
La preghiera è la forma più alta del linguaggio della fede. La fede alza la voce nonostante tutto. La fede spera nonostante tutto. La fede attinge forza dalla promessa del Vangelo che la giustizia sarà realizzata grazie a Dio e che in Cristo è già diventata reale, visibile. Ecco perché come singoli e come comunità preghiamo senza stancarci. Preghiamo perché crediamo, speriamo, lottiamo. Perché sappiamo che giorno e notte c’è sempre una preghiera che sale a Dio, da ogni parte del mondo.
La parabola della vedova ci motiva a essere coraggiosi nella preghiera, nella fede e nel nostro impegno. In ogni circostanza possiamo fare un passo avanti. È ciò che ci insegna questa donna coraggiosa. Se perseveriamo in questo atteggiamento, vivremo, anche se le comunità cristiane sono sempre più deboli. La nostra forza sarà nella nostra debolezza. Sì, il Figlio dell’uomo quando verrà troverà, grazie a chi persevera nell’umile preghiera, la fede su questa terra. Fino a quando ci sarà un solo credente in preghiera ci sarà fede sulla terra.
--------------------
torna su
torna all'indice
home
torna su
torna all'indice
home