Omelie - Il Vangelo della domenica
a cura di Goffredo Boselli
Vita Pastorale (n. 8/2025)
ANNO C – 10 agosto 2025
XIX Domenica del Tempo ordinario
Sapienza 18,6-9 • Salmo 32 • Ebrei 11,1-2.8-19 • Luca 12,32-48
(Visualizza i brani delle Letture)
XIX Domenica del Tempo ordinario
Sapienza 18,6-9 • Salmo 32 • Ebrei 11,1-2.8-19 • Luca 12,32-48
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PICCOLO GREGGE
«Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto dare a voi il Regno». Quando il Signore pronunciò queste parole, i suoi discepoli erano ancora pochi e il piccolo gregge che lo seguiva era sottoposto al sarcasmo e alle parole malvagie dei farisei, dei sadducei, degli erodiani e di tutte le persone religiose del tempo. Nella storia del cristianesimo questa parola di Gesù ha incoraggiato tanti credenti perseguitati, e ancora oggi incoraggia piccole comunità cristiane in preda al dubbio e allo scoraggiamento perché sono un piccolo gruppo o lo stanno diventando sempre più.
Per alcuni, i grandi numeri sembrano essere sinonimo di successo: quei grandi raduni i cui organizzatori si vantano del numero di partecipanti. «Così dice il Signore: il saggio non si glori della sua sapienza, né il forte si glori della sua forza, né il ricco si glori della sua ricchezza»(Ger9,23). Rallegriamoci quando molte persone credono nel Signore, ma ricordiamoci che c'è gioia in cielo anche per un solo peccatore che si pente.
Gesù chiama la sua comunità "piccolo gregge", ed essa resta tale e non deve temere soltanto se vive per il suo Signore, se non è distratto da altri signori, se davvero mantiene il suo cuore libero, povero, spoglio di tutto, se custodisce l'Evangelo e nient'altro, se cerca anzitutto il regno di Dio e non insegue il progetto di costruire regni sulla terra.
Il Signore invita innanzitutto a esaminare il nostro cuore, a discernere la nostra vigilanza sulla carità realmente vissuta, a vedere e riconoscere in profondità ciò di cui il nostro cuore vive. Il Signore ci chiama soprattutto a dare un nome a quel tesoro per cui esso palpita: «Dov'è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore». Perché questo rovesciamento? Non è più il cuore a desiderare, ma è il tesoro che attira a sé, che seduce e ci fa vendere tutto. «Dove sono io», dice Gesù, «là sarà anche il mio servo» (Gv 12,26). Così il Signore è l'unico tesoro ad attrarci. Tutti gli altri tesori che desideriamo e inseguiamo non fanno altro che distrarci, che ingombrare il nostro cuore, appesantirlo, stordirlo e renderlo insensibile alla carità evangelica. Come quel servo che ha talmente il cuore colmo di sé da fare del proprio "io" un tesoro illusorio. Ed è incapace di rinnegare sé stesso, di vendere tutto per avere l'unico necessario. Quel servo che dice in cuor suo: «il padrone tarda a venire» e comincia a percuotere servi e serve, a mangiare e bere, a stordirsi, farà la fine degli infedeli perché è un servo infedele.
Ma questo tesoro non è una conquista, ma è semplicemente un dono: «Al Padre vostro è piaciuto dare a voi il Regno». Nella misura in cui aderiamo a questo dono gratuito, possiamo non temere e far parte di questo piccolo gregge di uomini e donne a cui è stato dato molto. Restano piccoli perché è il dono ricevuto a essere grande: il Regno, ossia una condizione di vita, un modo di pensare e agire che è espressione della logica del Vangelo, della volontà del Padre. Restano poveri uomini e donne che hanno imparato a vigilare, per vivere nell'attesa non più del ladro ma del padrone che torna dalle nozze. Un padrone speciale, unico, che tornando li fa sedere a tavola e li serve, piuttosto che farsi servire. Un padrone al contrario, che si fa servo dei suoi servi.
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