XVII Domenica del Tempo ordinario (B)




Omelie - Il Vangelo della domenica
a cura di Goffredo Boselli
Vita Pastorale (n. 7/2024)


ANNO B – 28 luglio 2024
XVII Domenica del Tempo ordinario

2Re 4,42-44 • Salmo 144 • Efesini 4,1-6 • Giovanni 6,1-15
(Visualizza i brani delle Letture)


GESÙ PANE DELLA VITA

Interrompendo la lettura del vangelo secondo Marco, per cinque domeniche successive la liturgia da meditare, quasi per esteso, è il sesto capitolo del vangelo secondo Giovanni, che contiene il grande insegnamento di Gesù sul "Pane di vita". Questa espressione metaforica designa ciò che è più necessario all'esistenza umana perché essa possa raggiungere la sua pienezza.
«Chi ci separerà dall'amore di Cristo? Forse... la fame?», domanda l'apostolo Paolo (Rm 8,35). E il Vangelo di questa domenica rivela che anche Gesù abita, tra le esperienze estreme elencate da Paolo - «la tribolazione, l'angoscia, la persecuzione, la nudità, il pericolo, la spada» - quella così umana, così quotidiana eppure così particolare della fame. Nel deserto della prova, dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti «alla fine ebbe fame»; Gesù conosce la fame e per questo riconosce la fame dell'altro. È perché è stato affamato che può sfamare. C'è, infatti, un modo di comunicare alla fame che è già un modo di dar da mangiare. L'essere-con del Dio-con-noi, (Emmanuele) è già una maniera, a ben guardare la più fondamentale, di saziarci.
Gesù alza gli occhi e vede una grande folla venire a lui e riconosce che è una folla affamata. Il Signore non resta impassibile di fronte ai bisogni umani elementari, materiali, reali e urgenti. Testimonia questa infinita compassione che ha sempre dimostrato verso ciascuna delle sofferenze incontrate sul suo cammino. Gesù che ha insegnato ai suoi discepoli a chiedere al Padre «il nostro pane quotidiano», come può restare impassibile di fronte a una folla affamata? «La fame dei poveri tu l'ascolti Signore», così prega il salmista (Sal 10,17).
Interpella Filippo: «Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?». Ma Filippo si limita semplicemente a quantificare, costatando quello che non hanno, i "duecento denari" che non sarebbero in ogni caso sufficienti per sfamare tutti. Gesù chiede ai discepoli un coinvolgimento diretto, che comporta il passaggio dalla prestazione al servizio: donare a partire dai mezzi, anche modesti, di cui si dispone. «C'è qui un ragazzo che ha cinque pani d'orzo e due pesci; ma che cos'è questo per tanta gente?». I discepoli sono chiamati a valorizzare quello che realmente hanno, anche se è davvero nulla per così tanta gente.
Gesù esige che gli si porti tutto, anche se quel tutto è insignificante come possono esserlo cinque pani e due pesci per una folla immensa. Ed è con questo niente che Gesù darà da mangiare alla folla. Prende con le sue mani i cinque pani e i due pesci, benedice per essi Dio, e li dà condividendoli perché tutti ne ricevano. «La fame del mondo non dipende dal fatto che manca il pane, ma dal fatto che non è condiviso» (Paolo Ricca).
Gesù moltiplica i pani e i pesci e la folla dirà: «Ci hai dato da mangiare». Avrebbe voluto che quella folla comprendesse che quella fame e quella sete, che è l'uomo, ha la sua risposta non nel pane quotidiano che si mangia, ma in qualcosa che sazia più profondamente il bisogno e il desiderio dell'uomo e della verità dell'uomo, cioè Gesù Cristo stesso.


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