Omelie - Il Vangelo della domenica
a cura di Antonio Savone, presbitero della diocesi di Potenza-Muro Lucano-Marsico Nuovo
Vita Pastorale (n. 10/2023)
ANNO A – 12 novembre 2023
XXXII Domenica del Tempo ordinario
Sapienza 6,12-16 • Salmo 62 • 1 Tessalonicesi 4,13-18 • Matteo 25,1-13
(Visualizza i brani delle Letture)
XXXII Domenica del Tempo ordinario
Sapienza 6,12-16 • Salmo 62 • 1 Tessalonicesi 4,13-18 • Matteo 25,1-13
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L'OLIO CHE ALIMENTA LA NOSTRA FEDE
Quanto sono lunghe certe notti! Quando le notti si protraggono e nessuna luce accenna il sopraggiungere dell'alba, c'è il rischio che la fede si assopisca e l'intelligenza delle cose si spenga pian piano. Sono le notti in cui si finisce per affidare la propria sicurezza non più allo Spirito del Signore ma all'efficienza dei mezzi umani.
Dovette essere così anche la lunga notte delle dieci ragazze "uscite incontro allo sposo".
Il caso serio si paleserà quando si accorgeranno di non aver preso con sé l'olio. Se la lampada può essere letta come la fede accesa in noi da Dio, l'olio è ciò che la tiene accesa. Ma come si procura quest'olio? Dalla spremitura delle nostre giornate, dalla capacità di coniugare la consapevolezza di essere fatti per l'incontro nuziale e il responsabile coinvolgimento nella vicenda umana.
È in questo che consiste la sapienza: nel leggere il reale con lo sguardo fisso verso la meta, nello sporcarsi le mani con responsabilità, nell'affrontare l'esistenza senza preconcetti riconoscendo in ogni situazione il grido che annuncia: «Ecco lo sposo, andategli incontro!».
Tale grido si leva nei giorni luminosi e in quelli segnati dalle lacrime, nell'abbraccio dell'amico o quando siamo in caduta libera, nel silenzio della notte o all'alba del nuovo mattino, nei deserti della vita o nella strada senza uscita, nelle abitudini scontate e nelle solitudini del cuore, nelle cose più semplici e nei grandi avvenimenti, nei luoghi rassicuranti o nelle periferie delle città, nelle consuetudini radicate o nelle novità dei progetti.
Sapienza è lasciarsi interrogare e interpellare dalla vita non accontentandosi di ciò che la sola ragione può offrire come lettura.
La vita come accade è il frantoio che produce l'olio necessario ad alimentare la nostra fede. Ad alimentare la nostra vita di fede è certamente l'esperienza ecclesiale della preghiera e dei sacramenti, ma l'olio necessario passa attraverso la spremitura personale. Per questo le sagge non potranno condividere il proprio olio con le stolte: ciascuno è chiamato a vivere la propria vita nella fede senza accontentarsi di una generica fede nella vita.
L'olio di cui dispongono le sagge è il frutto di chi è riuscito a dare una ragione alla propria fede, ha accettato la fatica del tenere viva l'attesa, ha sostenuto la lotta nella tentazione di cedere.
Il problema delle stolte sarà proprio il voler far leva sull'olio spremuto da altri. Le sagge non potranno condividere ciò che è tipicamente personale e che rappresenta la propria storia davanti a Dio. Di lì a poco, durante la passione, resterà solo la fede del femminile: il maschile non sarà in grado di reggere.
In quel «Non vi conosco» non c'è un atteggiamento spietato dello sposo. Sta solo dicendo: «Non riconosco il vostro olio».
Se è vero che le nozze sono per tutti e che il banchetto non ammette esclusioni, è altrettanto vero che, come a Cana chiese ai servi di riempire d'acqua le giare, alla samaritana chiese la brocca, a un ragazzo i cinque pani e i due pesci, a Zaccheo la sua pronta ospitalità, a noi chiede di alimentare la nostra fiaccola con ciò che dà senso alle nostre giornate. Che cosa?
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