Omelie - Il Vangelo della domenica
a cura di Antonio Savone, presbitero della diocesi di Potenza-Muro Lucano-Marsico Nuovo
Vita Pastorale (n. 10/2023)
ANNO A – 19 novembre 2023
XXXIII Domenica del Tempo ordinario
Proverbi 31,10-13.19-20.30-31 • Salmo 127 • 1 Tessalonicesi 5,1-6 • Matteo 25,14-30
(Visualizza i brani delle Letture)
XXXIII Domenica del Tempo ordinario
Proverbi 31,10-13.19-20.30-31 • Salmo 127 • 1 Tessalonicesi 5,1-6 • Matteo 25,14-30
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PARTECIPI DELLA STESSA EREDITÀ
Desiderio di Gesù era che quelli che aveva chiamato fossero non solo suoi collaboratori ma partecipi dei suoi stessi beni, così da essere finalmente elevati a una dignità senza eguali, come narrerà il seguito della parabola.
Mettendo a parte i servi del suo patrimonio, li ritiene amici di fiducia chiamati a partecipare addirittura della sua stessa eredità e dello stesso potere.
In Dio, la fiducia verso l'uomo precede ogni calcolo, la disponibilità a condividere viene prima di ogni possibile guadagno, la responsabilità partecipata è anteriore a qualsiasi curriculum. Se così non fosse, nessuno di noi sarebbe qui.
Aveva già donato il suo Vangelo. Di lì a poco consegnerà la sua presenza nell'eucaristia, laverà i piedi anche a chi lo tradirà, rivolgerà il suo sguardo a chi lo rinnegherà, offrirà il perdono ai suoi uccisori, affiderà sua madre al discepolo amato, effonderà il suo Spirito su ogni uomo, chiederà di essere segno di lui fino ai confini della terra e li inviterà a battezzare, a immergere ogni creatura nella stessa linfa d'amore che intercorre tra le persone divine. Quale fiducia! Che responsabilità!
Quel signore che sta per partire è convinto che i suoi saranno in grado di onorare il legame con lui non tenendo per sé quanto ricevuto ma condividendo quel ricco patrimonio. Non solo condividerà i suoi doni ma consegnerà addirittura sé stesso tanto da diventare nelle mani dell'uno o dell'altro quello che ognuno vorrà farne.
Il dono partecipato è il segno dell'impegno che Dio ha preso con noi. Nei giorni in cui sembra assente e lontano e tutto sembra inutile e vano, i suoi doni sono un po' come l'anello tra due che si amano e che ricorda all'uno la presenza dell'altra.
A nessuno è chiesto ciò di cui non è capace, se è vero che tutti ricevono secondo le proprie forze. Nessuna ingiustizia nel donare in modo diverso.
È la memoria del dono ricevuto a rendere intraprendente la fede. Solo chi crede alla fiducia accordata può scegliere di osare di più e non accontentarsi del minimo indispensabile. Quand'è che l'amore è capace di sfidare l'impensabile se non quando ha ragioni nel cuore che non temono alcun ostacolo? Ma quando hai paura di chi ha fiducia in te, l'esito scontato è quello di vederti sfuggire la vita tra le mani.
Per questo non è possibile passare la vita a salvare il salvabile o a tutelare l'esistente.
A tema non c'è il fare, anzitutto. A tema c'è dove hai sepolto la fiducia che hai ricevuto.
Si può stare nella vita da pigri, ovvero eludendo le capacità, stroncando le possibilità, smontando le occasioni, temendo di sbagliare, di fare brutta figura, di non poter controllare e si può stare secondo l'atteggiamento contrario alla pigrizia che non è affatto l'operosità e il darsi da fare, ma la fedeltà. Fedeltà a cosa, a chi? Alla vita, anzitutto, per il solo fatto che ci sia stata donata. Poi a Dio e ai suoi doni.
È la fedeltà l'antidoto per non passare la vita a ornare di fiori la morte scavando fosse. Si tratta della fedeltà al proprio presente. Che cos'è quel poco di cui parla il Vangelo se non il qui e ora della tua esistenza? Fedele a quello che sei e a quello che hai: è proprio lì, infatti, che si palesa la differenza tra i servi.
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