XXIII Domenica del Tempo ordinario (A)




Omelie - Il Vangelo della domenica
a cura di Antonio Savone, presbitero della diocesi di Potenza-Muro Lucano-Marsico Nuovo
Vita Pastorale (n. 8/2023)


ANNO A – 10 settembre 2023
XXIII Domenica del Tempo ordinario

Ezechiele 33,1.7-9 • Salmo 94 • Romani 13,8-10 • Matteo 18,15-20
(Visualizza i brani delle Letture)


ALLARGARE IL CERCHIO DEL BENE

Doveva essere tanto simile alle nostre comunità quella a cui Matteo consegna le parole di Gesù. Un luogo in cui c'era la ricerca sincera di vivere il Vangelo, ma anche tanto protagonismo, tanta ambizione, tanta incapacità a vivere relazioni sincere. Professare la stessa fede non era – e non è – garanzia per essere capaci di esprimere un unico amore. Molto più facile condannare che farsi carico.
E, infatti, Gesù va subito al dunque. Aveva appena detto che desiderio del Padre è quello di non perdere nessuno dei piccoli e, perciò, pensava le relazioni tra fratelli come occasioni perché nessuno si perda, luoghi in cui l'arte più praticata dovrebbe essere il rammendo. Tra la perdita e il guadagno un vero e proprio itinerario.
«Se tuo fratello...».
Ecco la prospettiva da cui guardare ogni cosa: colui che hai dinanzi a te non è un incidente di percorso, uno che se non ci fosse sarebbe tanto di guadagnato. L'altro, chiunque esso sia, ti appartiene: è tuo fratello. Smarrita questa consapevolezza non aprire neppure la bocca, saresti fuori strada. Solo se continui a riconoscerlo come tuo fratello, sarai in grado di superare la sindrome del figlio unico che poco o tanto colpisce tutti noi. Tutti vorremmo dire soltanto: «Padre mio», invece l'unico che avrebbe potuto farlo ci ha insegnato a ripetere: «Padre nostro».
Non c'è colore, cultura, religione, lingua che preceda questa reciproca appartenenza: l'uno custode dell'altro. Così ci ha pensati Dio all'alba della creazione. La situazione in cui versa l'altro è la medesima in cui domani potrei incorrere io. Per questo Gesù trasformerà al positivo la regola aurea di non fare all'altro ciò che non vorresti fosse fatto a te. Gesù si spingerà oltre: «Ciò che volete gli uomini facciano a voi anche voi fatelo a loro» (Lc 6,31). La vita non avanza soltanto in virtù di un male evitato, ma grazie a un bene promosso.
Qualora ti trovassi di fronte a un fratello che l'ha fatta grossa nei tuoi confronti, non perdere tempo a metterlo alla berlina spiattellando ai quattro venti il suo errore. Fa' il primo passo, prova a ricucire. L'errore, infatti, deve restare fra te e lui solo e va coperto con il manto della misericordia che non significa negare l'errore ma non farlo diventare il punto prospettico a partire dal quale leggere l'altro.
Se la cosa non dovesse funzionare, prova a coinvolgere non chi possa darti man forte nel giudicarlo e nel condannarlo, ma individua chi possa sostenerti nel fargli sentire il bene. L'errore non si supera se non facendo sentire ancora la stima e l'affetto propri di chi riconosce il male, ma non legge la persona a partire da esso.
Si tratta di allargare il cerchio del bene non quello del giudizio e della condanna. Per questo, se neppure il bene di alcuni dovesse guadagnare il fratello, coinvolgi l'intera comunità. Tutti sono chiamati a misurarsi con la vulnerabilità altrui come vorrebbero fosse trattata la loro qualora si trovassero nella medesima situazione.
E se neppure in questo caso riuscissi a guadagnarlo tu continua a volergli bene sebbene per ovvie ragioni egli si trovasse fuori dalla comunità come lo erano pagani e pubblicani. Chi potrà mai impedirti di mostrargli affetto e attenzione?


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