Omelie - Il Vangelo della domenica
a cura di Antonio Savone, presbitero della diocesi di Potenza-Muro Lucano-Marsico Nuovo
Vita Pastorale (n. 8/2023)
ANNO A – 17 settembre 2023
XXIV Domenica del Tempo ordinario
Siracide 27,30-28,7 • Salmo 102 • Romani 14,7-9 • Matteo 18,21-35
(Visualizza i brani delle Letture)
XXIV Domenica del Tempo ordinario
Siracide 27,30-28,7 • Salmo 102 • Romani 14,7-9 • Matteo 18,21-35
(Visualizza i brani delle Letture)
L'ESPERIENZA DELLA GRATUITÀ
Una vera e propria situazione disperata quella in cui si era venuto a trovare un povero servo. Era in debito verso il padrone che a lungo lo aveva messo a parte di continue dilazioni. Quanti doni abbiamo ricevuto immeritatamente! L'elenco sarebbe interminabile. E tutto gratuitamente.
Messo alle strette, il servo tenta l'ultima carta, far leva sulla larghezza del cuore del padrone. Nel suo ragionare, il servo non pretende il condono ma solo un'ulteriore dilazione per il suo piano di rientro. Un vero e proprio delirio di onnipotenza: restituire ogni cosa. Sei miliardi di euro! Non ha capito, invece, che il padrone non chiede la restituzione, ma che impari a fare così come è stato fatto a lui. Non la reciprocità, ma la condivisione.
Il servo riceve ciò che nemmeno immaginava: la cancellazione del debito.
Aveva appena promesso la restituzione ed eccolo incrociare i passi di chi gli doveva pochi spiccioli. In un attimo, smarrisce la memoria di quanto ricevuto e finisce per metterlo alla gogna.
Pietro aveva domandato come fare a perdonare e avrebbe voluto giustamente porre un argine oltre il quale non fosse possibile spingersi: sette volte. Gesù, tuttavia, gli aveva chiesto di spostare lo sguardo. A Pietro che gli domanda fino a che punto sia giusto arrendersi, Gesù suggerisce di non smarrire la consapevolezza che tutti siamo dei debitori insoluti. Siamo noi, infatti, nella medesima condizione del servo: pur avendo ricevuto tanto abbiamo smarrito la memoria del dono e abbiamo ripagato con l'ingratitudine. Nonostante ciò, il Padre ha scelto di andare oltre e per un atto di grazia ci ha fatto fare esperienza del non meritato.
Perdonare non è far finta di niente una, due, tre o tot volte. Non si tratta di chiudere un occhio e fare come se non... Il male resta male, eccome. Tuttavia, scelgo di fare quello che il Padre stesso fa con me infinite volte. L'obiettivo di un regime di giustizia non è che il reo paghi fino all'ultimo spicciolo, ma che impari ad amare. Altrimenti è inutile. Pietro credeva che bastasse procedere per colpi di spugna. E, invece, no. È necessario perdonare "di cuore": usa verso l'altro la misura che è stata usata verso di te.
Non a caso la pena finale è restituire tutto il dovuto. Chi potrà mai restituire un debito ingentissimo? Al Signore va restituita la coscienza del dono ricevuto. E questo non può accadere se non attraverso un percorso di vera conversione.
A far sì che il padrone condonasse ogni cosa era stata la compassione, mettersi nei panni del servo. A rompere la rigida partita del dare e del ricevere è proprio la capacità di immaginarsi nella medesima condizione di chi invoca da me qualcosa.
La relazione con l'altro diventa così la cartina di tornasole di ciò che abbiamo conosciuto del nostro Dio. L'essersi salvato ha fatto smarrire al servo malvagio la consapevolezza di essere stato salvato. Ha ricevuto tanto, ma questo non l'ha rigenerato: l'esperienza della gratuità non è stata motivo per dilatare il proprio cuore.
Sulle labbra di Gesù nessuna indicazione circa il cosa fare per stare degnamente davanti a Dio, ma solo come stare davanti all'altro. Questo, infatti, è il modo giusto per essere figli del Padre misericordioso.
--------------------
torna su
torna all'indice
home
torna su
torna all'indice
home