XXII Domenica del Tempo ordinario (A)




Omelie - Il Vangelo della domenica
a cura di Antonio Savone, presbitero della diocesi di Potenza-Muro Lucano-Marsico Nuovo
Vita Pastorale (n. 8/2023)


ANNO A – 3 settembre 2023
XXII Domenica del Tempo ordinario

Geremia 20,7-9 • Salmo 62 • Romani 12,1-2 • Matteo 16,21-27
(Visualizza i brani delle Letture)


DIO PENSA DIVERSAMENTE DA NOI

Conosciamo bene l'amarezza di chi non ha ricevuto uno sguardo di attenzione e si è sentito scartato. L'abbiamo patita sin da piccoli quando lo sguardo del prof o del don o di un educatore si posava su chi pareva avere più capacità. Avremmo voluto essere scelti e, invece, ci ritrovavamo scartati, finendo per sentirci addirittura umiliati perché il non essere stati preferiti suonava come un giudizio sulla nostra stessa persona.
Assai diverso è il modo in cui Dio ci guarda. Al centro della sua attenzione, infatti, non le capacità, anzitutto, ma il bisogno di essere riconosciuti e accolti da chi non ci fa mai sentire sbagliati o esclusi.
Un giorno, Gesù, aveva detto che «gli operai sono pochi». Per questo continuerà a uscire e chiamare a tutte le ore, anche quando la giornata volgerà al termine e accorgersi che chi era rimasto senza far nulla, si era trovato a subire quella condizione, non già perché non avesse voglia di lavorare.
Suo desiderio è che chi ha avuto la grazia di essere assoldato alla prima ora partecipi della stessa larghezza del cuore di Dio nel far sì che nessuno resti escluso dal dare il suo apporto nell'edificare un nuovo ordine di cose. Prima del raccolto abbondante, suo desiderio è che i figli sentano che tutto ciò che è suo è nostro, come ripeterà al fratello maggiore.
Gli amici della prima ora non condividono e, perciò, contestano il modo di pensare di quell'uomo. Quel loro pensare aveva finito per stabilire precedenze nella logica perversa del confronto. Il fatto che anche altri avessero le stesse opportunità, aveva fatto dimenticare che anch'essi erano stati raccolti dalla strada e avevano beneficiato delle attenzioni del loro padrone. Se di una cosa avrebbero dovuto vantarsi ed essere fieri, era proprio il fatto di essere stati chiamati sin da subito, avendo più occasioni per contribuire a realizzare ciò che il padrone desiderava.
Sì, Dio pensa diversamente da noi. Quando sentiamo ripetere che «il regno dei cieli è simile a...», ci sta dicendo: Dio pensa così, Dio agisce così.
Non è un caso che il padrone inizi a pagare dagli ultimi dando la stessa paga dei primi. Infatti, vorrebbe far comprendere loro che a nulla serve affaticarsi se si perde di vista che lo scopo di ogni impegno non è, anzitutto, un utile per sé stessi soltanto, ma arrivare a gioire di ciò di cui gioisce il Padre. E il Padre gioisce del fatto che nessuno patisca lo scarto e l'essere lasciato ai margini o indietro. Che cosa sarebbe stato di loro, infatti, se non fossero stati chiamati?
La vita non avanza solo quando si dà a ciascuno il suo, ma quando a ciascuno è offerto il meglio, ossia ciò di cui ha davvero bisogno. E il meglio è proprio poter contribuire al progetto della creazione ciascuno secondo le proprie capacità e i propri tempi, nella consapevolezza che la paga per tutti non è il ritrovarsi in un angolino ad accarezzare il proprio gruzzolo ma il condividere la stessa mensa.
A misurare la nostra appartenenza a Dio non sono gli anni di servizio maturati e le fatiche sopportate, ma se in noi albergano i suoi stessi sentimenti. E questo può capirlo anche uno che arriva all'ultima ora, come attesta il buon ladrone.
Invidia, allora, o capacità di gioire?


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