XVI Domenica del Tempo ordinario (A)




Omelie - Il Vangelo della domenica
a cura di Antonio Savone, presbitero della diocesi di Potenza-Muro Lucano-Marsico Nuovo
Vita Pastorale (n. 7/2023)


ANNO A – 23 luglio 2023
XVI Domenica del Tempo ordinario

Sapienza 12,13.16-19 • Salmo 85 • Romani 8,26-27 • Matteo 13,24-43
(Visualizza i brani delle Letture)


NUOVE DIMENSIONI DI UMANITÀ

«Il regno dei cieli è simile a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo». Inizia così la parabola della zizzania nel campo. Non a caso, nella lettura che ne abbiamo fatto, l'accento è stato posto sulla zizzania, dimenticando quasi, che la storia, la nostra vita, il mio cuore è, anzitutto, una realtà nella quale Dio ha preso l'iniziativa di seminare del buon seme.
Quando uscivamo dalle sue mani, Dio stesso, con atto gratuito e gesto largo, ha sparso tutto ciò che potesse assicurare e garantire la vita in pienezza.
La nostra è una storia in cui Dio non giocato al risparmio: con premura e sempre ha provveduto a tutto ciò che potesse renderla degna di chi egli ha scelto come interlocutore privilegiato all'interno della creazione. Da ultimo, il dono del Figlio, il vero seme buono, il solo in grado di far scorrere in noi la stessa vita di Dio.
Smarrita questa consapevolezza, il rischio è quello di leggere la vita come una continua lotta contro tutto ciò che sembra minacciare il buon esito della seminagione.
La domanda, perciò, andrebbe capovolta: «Da dove tutto questo bene?» e non: «Da dove tutto questo male?».
Nostro compito è esprimere nuove dimensioni di umanità imparando a far maturare il bene: il male, infatti, si sconfigge non estirpandolo, come saremmo tentati di fare, ma vincendolo con un po' più di amore. A chi penserebbe che l'impegno dei discepoli sia quello di scovare il male in tutte le sue forme, il Vangelo viene a ricordare che è il bene da intuire e riconoscere proprio là dove verrebbe spontaneo fare di tutta l'erba un fascio. Si perpetua una sorta di ateismo cristiano tutte le volte in cui i nostri occhi sono incapaci di riconoscere |'opera di Dio che non ha l'imponenza del frutto ma l'irrilevanza del seme, non la robustezza della massai ma la piccolezza del lievito.
Talvolta, è più facile rivestire il ruolo dei servi che vorrebbero sradicare ogni cosa. È più facile distinguere, separare, sognare una comunità perfetta che adoperarsi a tenere insieme sapendo che quello che in natura non accade (la zizzania resta tale), può accadere nel cuore dell'uomo.
Abbiamo finito per perseguire a lungo una spiritualità del "fuggire le occasioni prossime", una spiritualità dell'evitamento a discapito di un serio impegno in ordine al bene. Non basta, infatti, evitare il male; è necessario operare il bene.
«Sopire, troncare, padre molto reverendo: troncare, sopire». Sono le parole che, nel capitolo XIX de I promessi sposi, il conte zio rivolge al padre provinciale.
Sopire, troncare è l'atteggiamento di quasi tutti gli uomini attraversati da smania di definire confini e appartenenze, di stabilire ciò che è buon seme e ciò che non lo è. Ci attraversa tutti il bisogno di fare razzia di chi la pensa diversamente da noi. Quanto zelo religioso, forse, ma nient'affatto evangelico anima, talvolta, noi credenti!
È necessario lasciar convivere il buon seme e la zizzania perché per combattere ciò che è male finiamo per usare la sua stessa logica. Il diavolo non teme affatto chi fa guerra con tutte le forze, ha paura, invece, di chi ama e prova ad amare sempre di più.
Preoccupati di essere buon grano e il resto lascialo fare a Dio.


--------------------
torna su
torna all'indice
home