Omelie - Il Vangelo della domenica
a cura di Antonio Savone, presbitero della diocesi di Potenza-Muro Lucano-Marsico Nuovo
Vita Pastorale (n. 7/2023)
ANNO A – 9 luglio 2023
XIV Domenica del Tempo ordinario
Zaccaria 9,9-10 • Salmo 144 • Romani 8,9.11-13 • Matteo 11,25-30
(Visualizza i brani delle Letture)
XIV Domenica del Tempo ordinario
Zaccaria 9,9-10 • Salmo 144 • Romani 8,9.11-13 • Matteo 11,25-30
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IL MAGNIFICAT DI GESÙ
Quello che viene definito il "Magnificat di Gesù", è in realtà il suo modo di rispondere alla non accoglienza del suo messaggio. Le città della Galilea lo avevano rifiutato, il Battista aveva vissuto una vera e propria crisi a proposito del suo modo di essere Messia e per tutta risposta Gesù cosa fa? Si abbandona a una danza di gioia.
Più volte gli evangelisti hanno narrato di come Gesù si ritirasse a pregare tutto solo, ma non ci avevano mai messo a parte di ciò che egli consegnava al Padre nella sua preghiera Tranne qualche altra eccezione, questa è l'unica volta in cui sappiamo come fiorisse sulle labbra del Signore: il Figlio confessava l'imprevedibile originalità delle scelte del Padre.
Gli occhi di Gesù riconoscono Dio all'opera mentre il suo inviato non è accolto da coloro che credono di disporre del sapere e del potere. Al fronte numeroso del no si contrappone il si di tanti piccoli che con docilità accolgono l'incredibile rivelazione di Dio sui passi del|'uomo. L'accoglienza e il rifiuto, infatti, rivelano quanta capacità di lasciarsi ammaestrare c'è ancora nel cuore di un uomo. Per chi si ritiene arrivato, invece, non c'è spazio per Dio. Tuttavia, non basta essere piccoli per accogliere il dono del figlio di Dio: è necessario farsi piccoli, ossia riconoscere di non bastare a sé stesi.
C'è "una superbia del pensiero" che ritiene chiusa ogni altra possibilità di conoscenza di fronte alla quale persino il Padre deve fare dietrofront perché non può costringere nessuno ad accoglire il suo dono. Ma si può ancora parlare di sapienza e di intelligenza usando il proprio schema mentale diventa una gabbia e tutto si risolve in autosufficienza che esclude ciò che mette in discussione i propri traguardi?
Il Figlio che rivela le cose del Padre vuole introdurre a una diversa lettura delle cose (ecco l'intelligenza, appunto) che non può mai ritenersi conclusa. Rifiutarlo equivale all'autocondanna di chi si preclude l'accesso alla vita stessa di Dio.
Il Vangelo non condanna l'intelligenza ma la superbia, non si oppone alla sapienza ma all'orgoglio.
Chi si attende atti di forza può restare scandalizzato di fronte a Dio che sceglie di entrare nella storia non con la prestanza del cavallo ma con la mitezza del1'asino. Non un Dio che rivendica e incute paura ma un Dio che si mette a servizio senza imporsi. Sarà lo scandalo dei giorni della passione: chi, infatti, si attendeva una rivendicazione evidente, resterà deluso nel fare i conti con un Messia che sceglie di non salvare sé stesso.
Che cos'è che ci opprime? ll peso della nostra incapacità ad adempiere ciò per cui siamo stati pensati, il peso del peccato. mancare il bersaglio. Una tale oppressione produce la stanchezza che non ci permette di intravvedere una via d'uscita. Da soli non possiamo approdare alla verità di noi stessi. Per poter finalmente conoscere uno sbocco abbiamo bisogno di portare il giogo leggero del Signore.
Cosa dobbiamo imparare? L'arte del giusto sentire di sé. Solo l'umile è veramente uomo, perché solo l'umile custodisce la consapevolezza di essere impastato di fragilità. Il vero ristoro consiste proprio nell'entrare in questa nuova consapevolezza di sé.
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