Omelie - Il Vangelo della domenica
a cura di Antonio Savone, presbitero della diocesi di Potenza-Muro Lucano-Marsico Nuovo
Vita Pastorale (n. 6/2023)
ANNO A – 25 giugno 2023
XII Domenica del Tempo ordinario
Geremia 20,10-13 • Salmo 68 • Romani 5,12-15 • Matteo 10,26-33
(Visualizza i brani delle Letture)
XII Domenica del Tempo ordinario
Geremia 20,10-13 • Salmo 68 • Romani 5,12-15 • Matteo 10,26-33
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LA FIDUCIA DEL DISCEPOLO
Erano stati chiamati per una missione senza precedenti. H Signore affidava agli apostoli il compito di rivelare a tutti gli uomini quanto ognuno vale davanti a Dio, il dono stesso del Figlio, e per questo venivano inviati a ridonare fiducia, a rendere saldo ciò che era malfermo, a far ritrovare motivi per non desistere. Li inviava non già a fare proseliti ma per un debito d'amore. «Va' e annuncia ciò che il Signore ti ha fatto e la misericordia che ti ha usato», ripeterà a un indemoniato liberato.
A fronte di un tale mandato sarà sorto spontaneo da parte dei Dodici fare i conti con la loro reale statura che emergerà in tutta la sua evidenza proprio nei giorni bui della passione. Per ben tre volte, infatti, non tarda ad arrivare l'invito a non aver paura, a smettere di fare la conta delle proprie capacità e a fissare lo sguardo su chi si fida proprio di noi.
«Non abbiate paura» ossia «abbiate fiducia in me». E come se Gesù riconoscesse che la paura del discepolo non ha il suo retroterra in una mancanza di coraggio ma nella mancata intimità con il suo maestro. «Tutto posso in colui che mi dà la forza» (Fil 4,13) ripeterà convintamente un giorno l'apostolo Paolo.
«Non abbiate paura». Perché? Perché ci sarà senz'altro chi si opporrà al loro annuncio e alla loro testimonianza. A una lettura superficiale quel momento potrà essere letto solo nel suo versante negativo, come una contestazione, appunto, o come una vera e propria persecuzione com'è accaduto nella storia e avviene ancora. Con uno sguardo di fede, però, è proprio il momento conflittuale che palesa cosa cerca il nostro cuore, per cosa si appassiona, per chi è disposto a giocarsi. Ce l'hai una ragione per cui daresti la vita? Ciò per cui sei disposto a pagare di persona, rivela ciò per cui hai scelto di vivere.
Quando il cuore è colmo di una presenza, che cosa potrà temere? Il problema sorge, appunto, quando il cuore non ospita più nulla e, perciò, diventa ricettacolo di tutto ciò che crea soltanto divisioni.
Che cosa siamo chiamati ad annunciare? Il segreto della nostra vita, la ragione della nostra pace interiore, il motivo della nostra speranza, la forza che sostiene il nostro cammino. Tutto questo si nutre di interiorità, ossia di quello spazio e di quel tempo in cui con maggiore assiduità ci lasciamo ammaestrare dallo Spirito stesso di Dio. È come se oggi Gesù ci chiedesse di andare alla radice di ciò che professiamo con le nostre labbra. Non regge al confronto con l'opposizione tutto ciò che non ha radici ben piantate nel cuore stesso di Dio.
Il male da temere è una esistenza rinchiusa in sé stessa che per paura di perdersi finisce in una vuota preoccupazione per sé stessi. Il male da temere non è perdere la vita fisica ma smarrire le ragioni stesse del vivere.
La vicenda del profeta Geremia resta paradigmatica per ogni discepolo. Sebbene abbandonato da tutti e tentato di non pensare più al Signore, nulla potrà mai separarlo dalla forza di quel legame.
Non abbiate paura. Se il Padre provvede e segue persino un passero, tanto più noi. Per questo sono in grado di abbandonarmi alla sua amorevole cura.
Se «anche i capelli del nostro capo sono contati», cosa dovremmo temere?
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