Omelie - Il Vangelo della domenica
a cura di Antonio Savone, presbitero della diocesi di Potenza-Muro Lucano-Marsico Nuovo
Vita Pastorale (n. 4/2023)
ANNO A – 23 aprile 2023
III Domenica di Pasqua
Atti 2,14a.22-33 • Salmo 15 • 1 Pietro 1,17-21 • Luca 24,13-35
(Visualizza i brani delle Letture)
III Domenica di Pasqua
Atti 2,14a.22-33 • Salmo 15 • 1 Pietro 1,17-21 • Luca 24,13-35
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IL METODO EMMAUS
Non se lo sarebbe aspettato nessuno che Dio abbandonasse il tempio per intraprendere la mulattiera in direzione dei dubbi e della tristezza dei due discepoli di Emmaus.
Se ne stavano andando perché non avevano capito cos'era accaduto in quei giorni. Anche quella di noi credenti è, spesso, una lettura cronachistica dei fatti senza cogliere cosa significhino certe situazioni.
Quella sera, proprio perché quei due discepoli erano a rischio, Dio stesso si mise sulle loro tracce dando inizio a un vero e proprio metodo,il metodo Emmaus. Unmetodo un po' insolito ealquanto faticoso, tant'è che il più delle volte, nella nostra prassi ecclesiale, è sufficientemente bypassato.
Di cosa si tratta? Si tratta della disponibilità a camminare con qualcuno lasciandolo parlare: «Di cosa stavate discutendo lungo il cammino?». L'approccio non inizia con il rimprovero, non inizia neppure con l'annuncio e neanche con la morale. Il metodo Emmaus inizia col mettersi al passo dell'altro suscitando domande. Dio solo sa quanto abbiamo bisogno della capacità di suscitare domande in un tempo in cui patiamo le risposte preconfezionate, soffriamo per i messaggi inviati in serie sopra i quali compare "inoltrato". Chi te li invia non si è preso neppure la briga di personalizzarlo. Dio no: «Anche i passi del mio vagare tu li hai contati, le mie lacrime nell'otre tuo raccogli». Uno che è abituato a contare i passi e a raccogliere le lacrime di ognuno, vuoi che si accontenti di qualcosa di generico e di generale?
Prima di dare una risposta Gesù esercita la maieutica dell'interrogativo. Noi viviamo molteplici esperienze ma ci fermiamo alla superficie senza accettare di andare fino in fondo così da individuare come stare a contatto con esse.
A chi è assuefatto a ogni cosa, a cosa serve una lieta notizia? Non suscita alcun interesse. Ciò che gli manca, invece, è la capacità di cercare ancora, di desiderare, di interrogare, appunto.
«Tu solo sei così straniero?».
E pensare che il termine è tradotto con paroikeo, da cui viene parroco. Accusano Gesù di essere estraneo ai fatti occorsi pochi giorni prima. Accusandolo, in realtà, stanno affermando una cosa tanto vera: Gesù è estraneo a una cronaca colorata solo di nero. Perché la lettura delle cose possa cambiare è necessario misurarsi con ciò che immediatamente ci risulta estraneo. E se lo straniero che si è affiancato a noi per scuotere la nostra fede che si affievolisce fosse proprio ciò che non avevi messo in conto?
Saranno in grado di riconoscere il segno del pane solo perché, lungo la via, hanno accettato di lasciarsi mettere sottosopra dalla domanda, prima, e dall'annuncio, poi. C'è voluto del tempo e della strada, 11 Km, prima di arrivare a quel segno. A volte, la fretta di trovare soluzioni è dovuta alla fatica di stare a contatto con la domanda. Non dimentichiamo la tentazione del vitello d'oro. A fronte di un Mosè che se n'è rimasto per 40 giorni sul monte solo con Dio, c'è sempre un Aronne di turno pronto a fabbricare qualcosa di tangibile. Tentazione sempre ricorrente.
La sera di Emmaus istituì l'eucaristia in ogni dove: quello che sembrava un rifugio di fortuna divenne il nuovo cenacolo e lo spezzare il pane divenne rimando ad altro.
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