Omelie - Il Vangelo della domenica
a cura di Antonio Savone, presbitero della diocesi di Potenza-Muro Lucano-Marsico Nuovo
Vita Pastorale (n. 4/2023)
ANNO A – 16 aprile 2023
II Domenica di Pasqua
Atti 2,42-47 • Salmo 117 • 1 Pietro 1,3-9 • Giovanni 20,19-31
(Visualizza i brani delle Letture)
II Domenica di Pasqua
Atti 2,42-47 • Salmo 117 • 1 Pietro 1,3-9 • Giovanni 20,19-31
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IL CHIAROSCURO DELLA FEDE
Non è un caso che gli incontri con il Risorto avvengano di sera o all'alba, quando cioè non si gode della luce piena. A tema, infatti, anche oggi, è proprio il buio, l'angoscia, la delusione, lo smarrimento, la paura, la confusione, l'abbandono, la morte. Situazioni e momenti dei discepoli che il Vangelo non cancella, anzi, li accoglie e li ospita come un vero e proprio grembo da cui è generata la possibilità di una vita nuova. La fede, contrariamente a quello che pensiamo, non è una sorta di pacca sulla spalla; non è neppure un agognato punto sospeso ed etereo in cui si è finalmente risparmiati dal peso delle giornate. La fede, quando è tale, prende sul serio il mio dolore, il mio buio, la mia angoscia, la mia morte.
Quel giorno il cenacolo era figura di una Chiesa che si fa attenzione ai cammini interrotti e accidentati di ognuno, una Chiesa che si fa rispetto per il dolore e la fatica di ciascuno, che sente addiritturalamancanzadichihadecisodiaffrontarequeldolore per una via di fuga come, probabilmente, era accadutoa Tommaso. Per la primavolta, unaChiesa accomunata nella stessa esperienza di chi pativa sulla sua pelle la fatica a misurarsi con la luce.
Venne Gesù, stette in mezzo a loro.
Ecco il Vangelo: la vita, quella vera, nasce da un dolore assunto, riconosciuto, attraversato. La speranza non è l'alternativa al lutto ma è il frutto di un'esperienza di buio; la vita nasce dalle lacrime versate, da un'angoscia non rimossa. Questo non significa idealizzare il dolore o cercarselo. Affatto. Ma se ti accade di sperimentarlo, non maledirlo, interrogalo, abitalo.
"Pace a voi". Detto questo mostrò loro le mani e il costato. Quella sera nessun rimprovero, nessun discorso evanescente, nessun pronunciamento su verità astratte. La consegna della pace è misurata sul dolore che l'ha generata. Chi di noi crederebbe ai pronunciamenti che rischiano di essere solo letteratura? Ci convince di più l'umile testimonianza di chi si è lasciato sporcare dal fango di una vita non vissuta al riparo. Quando le parole che dici sono generate dalla fatica durata per poterle affermare, hanno un altro peso.
Ricevete lo Spirito santo. A coloro a cui perdonerete... Più e più volte la vita ci presenta un conto esoso, quello di un abbandono o quello di una malattia, quello di una morte prematura o quello di un riconoscimento atteso e mai raggiunto. Per questo Gesù parlava di perdono non già come di una capacità naturale ma come di forza che viene dallo Spirito di cui ci ha fatto dono.
La risurrezione non è un nuovo capitolo di quel libro che chiamiamo vita. Le piaghe restano, le fatiche pure. Per questo, come Tommaso e con Tommaso, tutti facciamo fatica a credere a una Chiesa che ci annuncia "abbiamo visto il Signore".
Tommaso crederà non alle parole dei suoi compagni di avventura o di sventura ma alle ferite mostrate. Riconoscerà come suo Signore quel Dio che è stato capace di assumere il suo dolore, lo ha abitato, e la sua fatica, persino la fatica di credere.
Se voglio capire quanto sono amato devo guardare cosa l'altro ha sofferto per me: le ferite del Signore sono perenne memoria del fatto che io non sono stato amato per scherzo.
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