Omelie - Il Vangelo della domenica
a cura di Antonio Savone, presbitero della diocesi di Potenza-Muro Lucano-Marsico Nuovo
Vita Pastorale (n. 4/2023)
ANNO A – 9 aprile 2023
Domenica di Pasqua
Atti 10,34a.37-43 • Sal 117 • Colossesi 3,1-4 [1Corinzi 5,6-8] • Giovanni 20,1-9
(Visualizza i brani delle Letture)
Domenica di Pasqua
Atti 10,34a.37-43 • Sal 117 • Colossesi 3,1-4 [1Corinzi 5,6-8] • Giovanni 20,1-9
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SONO LE DONNE AD ANNUNCIARE IL RISORTO
Come quando si consuma una tragedia inaspettata, così doveva essere Gerusalemme quel primo giorno dopo il sabato. La città aveva messo a morte colui che, solo pochi giorni prima, aveva acclamato re.
Come sono cangianti gli umori degli uomini!
Qualcuno, però, non ha smarrito il legame con il Signore perché non ha dimenticato cosa egli significhi per la sua esistenza e, perciò, non riuscendo a rassegnarsi al corso degli eventi, decide di giocare come d'anticipo.
Era accaduto solo poche ore prima: un furfante, amico dell'ultima ora, si era ritrovato uno sguardo da far invidia persino al primo papa che pure era stato sincero nella confessione della fede. Aveva visto in un condannato il re, in uno maledetto colui che salva, nella morte l'ingresso nel regno.
Maria di Magdala e il buon ladrone incarnano quanto un giorno il Signore aveva predetto: "pubblicani e prostitute vi precederanno". L'ultimo a parlargli mentre era in vita e la prima nel mattino di Pasqua sono due di quelli che nessuna agenda contemplava come incontri possibili. A lui tocca essere il primo a entrare in paradiso e a lei fare da capocordata.
Quell'andare di Maria di Magdala al sepolcro di buon mattino sa di protesta, una sorta di fuori coro: proprio ciò che manca a noi.
Maria prova quasi ribrezzo al pensiero di appartenere a un popolo che uccide gli inviati di Dio mettendoli a morte fuori delle mura della città. Non appartiene a chi ha conosciuto il Signore il doversi rassegnare. Ci deve essere un altro modo di stare di fronte alla storia che non sia l'accettare supino e abdicante. Maria no: insieme alle altre, dà ascolto a quel mondo che proprio l'esperienza del lutto fa emergere quando ci si trova a contatto con risorse prima sconosciute. Chi ci è passato sa a cosa faccio riferimento.
Il vero problema non è la sofferenza, non è neppure la morte: il vero problema è come io scelgo di stare di fronte a esse.
Lei insieme ad altre donne e all'amico che Gesù amava si erano già smarcate rispetto alla sconsideratezza della folla che aveva preferito un malfattore omicida al figlio di Dio. Chi sa di avere come vocazione il generare vita non può accettare di darla vinta alla morte.
Per questo, sebbene con la paura addosso, Maria non permette che la morte vinca la fede che ancora la anima; pur con il timore che qualcuno possa bloccarla, non può non amare; pur con il cuore lacerato da quella separazione improvvisa, lui resta ancora il suo Signore.
Il maschile che è in ciascuno di noi ha tutt'altro approccio: per aprirsi all'amore ha bisogno di capire, di verificare, rientra in un certo schema di pensiero. Non così il femminile. Forse per questo l'annuncio più importante è stato affidato alle donne. Il femminile prima si apre all'amore, poi trova il modo per farlo entrare nel suo modo di ragionare. È solo l'amore che riesce a leggere nell'assenza del Signore un suo diverso modo di essere presente.
A ragione Paolo dirà: «Se uno è in Cristo è una creatura nuova».
A noi che invochiamo cambiamenti in ogni ambito, Maria di Magdala ricorda che non è la novità delle cose a rinnovarmi ma è la mia personale pienezza di vita a fare nuove tutte le cose con cui interagisco.
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