IV Domenica di Quaresima (A)




Omelie - Il Vangelo della domenica
a cura di Antonio Savone, presbitero della diocesi di Potenza-Muro Lucano-Marsico Nuovo
Vita Pastorale (n. 3/2023)


ANNO A – 19 marzo 2023
IV Domenica di Quaresima

1 Samuele 16,1b.4.6-7.10-13 • Salmo 22 • Efesini 5,8-14 • Giovanni 9,1-41
(Visualizza i brani delle Letture)


VEDERE CON GLI OCCHI DI DIO

Com'è possibile che le tenebre non lascino spazio alla luce? Eppure può accadere che la luce non venga accolta. Dio continua a camminare e a riscattare dall'anonimato e dal silenzio storie che altrimenti non conoscerebbero sbocco alcuno: in fondo tutti si erano abituati all'idea che le pupille di un cieco dalla nascita fossero calate.
Così, ciò che per Dio diventa occasione per prendersi cura, per gli uomini è solo motivo per piantar su una disputa preferendo risalire alla causa morale piuttosto che lasciarsi interpellare personalmente da quella situazione.
A chi vorrebbe ridurre tutto a una questione di peccato, Gesù ribadisce che ci sono situazioni che non possono essere accostate così: è così perché «si manifestassero in lui le opere di Dio». E l'opera di Dio è una sola: dare la vita e darla in abbondanza. Guai a voler collegare malattia, infermità e colpa: è un gioco al massacro. Spesso, però, nel piano di Dio, proprio il dolore e la prova possono essere il luogo in cui egli manifesta la sua grazia. C'è un invito a leggere il dolore nella luce di Dio. La chiave di lettura, infatti, non è all'indietro (che male ho fatto?) ma in avanti: ciò che vivo è realtà in cui Dio continua a operare nei modi che solo lui conosce.
Vera sventura, infatti, non è la malattia ma l'essere senza luce, sebbene si distinguano colori e contorni.
Come il figlio di Dio, anche i figli di Dio «devono compiere le opere di colui che li ha mandati». Quante situazioni, infatti, non vedono realizzarsi l'opera di Dio in loro a motivo della disattenzione dei figli di Dio!
Al centro dei pensieri di Dio non una norma (il sabato) anzitutto, ma l'uomo e non un uomo generico, ma quello toccato nella sua carne e incontrato nella sua fragilità.
La salvezza operata da Gesù non è mai un atto magico ma un atto relazionale, compiuto nella fiducia dell'interessato, chiamato anch'egli a fare la sua parte: andare a bagnarsi a Siloe. È la risposta fiduciosa dell'uomo a consentire il concretizzarsi della promessa fatta.
Per i farisei quanto è successo non è motivo di stupore e di riconoscenza, è solo inquietante e crea imbarazzo; è in gioco la loro credibilità e il loro potere. Per questo le escogitano tutte dal sentire nuovamente il miracolato al sentirei genitori peri quali la verità conta meno della sicurezza.
La realtà della guarigione miracolosa è inattaccabile, ma resta la convinzione che Gesù sia un peccatore e per questo richiamano il miracolato il quale non tarda a ridurli all'evidenza, quella, cioè, che il miracolo accredita la missione divina, mentre essi si ostinano a tenere gli occhi chiusi.
Il cieco guarito ha compreso che Gesù è profeta e l'ha difeso a oltranza, ha vissuto nella sua carne e nella sua coscienza il recupero di una dignità a lungo negata, e ora è pronto ad accogliere il mistero.
Poiché non basta vedere le cose nella loro giusta luce, al cieco Gesù vuole donare un altro tipo di luce, la luce della fede che è «l'occhio di Dio sugli avvenimenti» (don Mazzolari). Non basta vedere, infatti: è necessario vedere con lo sguardo di Dio. È solo l'occhio di Dio che permette di leggere in un corpo di carne come quello di Gesù, il figlio stesso di Dio.


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