V Domenica di Quaresima (A)




Omelie - Il Vangelo della domenica
a cura di Antonio Savone, presbitero della diocesi di Potenza-Muro Lucano-Marsico Nuovo
Vita Pastorale (n. 3/2023)


ANNO A – 26 marzo 2023
V Domenica di Quaresima

Ezechiele 37,12-14 • Salmo 129 • Romani 8,8-11 • Giovanni 11 ,1-45
(Visualizza i brani delle Letture)


LE TENEBRE SI TRASFORMANO IN LUCE

Non finiremo mai di comprendere il perché di certe situazioni che a noi paiono insensate e per questo, il più delle volte, vorremmo essere noi a dettare tempi e modalità di ciò che scarteremmo a priori. Accadde così anche a Betania. L'amico malato stava per morire e per tutta risposta Gesù non trovò di meglio che indugiare. Marta e Maria capiranno dopo che Gesù gli avrebbe ridonato la vita nella morte e non nella malattia, ma quanta fatica nell'accettare quel tenersi a distanza da loro!
Marta non tarderà a farglielo presente convinta di sapere cosa fosse il bene per loro e per Lazzaro. Che amico è uno che si tiene ai margini del tuo dolore? Un vero e proprio tradimento: l'amicizia, infatti, comprende tutto ma non ammette assenze e scuse.
Il ritardo di Dio, però, non è mai un ritardo dell'amore; è un ritardo sul modo in cui noi vorremmo si manifestasse quell'amore. Anche il silenzio e non solo la parola è manifestazione d'amore. Persino il no, a volte, è un modo di manifestare l'amore. Il problema, semmai, è come reggere a quello che io giudico un tempo dilatato. Di cosa lo riempio? Che cosa nutre questo tempo che Dio sceglie di spostare in avanti?
Quanto accade a Betania ce ne dà anche la risposta: quello che tu giudichi un ritardo dell'amore va colmato con l'attitudine della fede e con la disponibilità ad anticipare la risurrezione. Non la fede in una remota risurrezione ma la fede in Gesù Cristo: se credi in lui, vedrai trasformarsi la tomba in un giardino; se credi in lui, le tenebre si trasformano in luce. E questa fede matura solo quando ti misuri con la morte, l'altrui e la tua. Può sembrare strano: a Gesù non interessa tanto riportare Lazzaro in vita ma ridestare la fede di Marta e Maria che hanno permesso alla paura della morte e all'angoscia del dolore di avere il sopravvento. A nulla servirebbe un morto tornato in vita se io non sono disposto a rompere con gli schemi di morte e di disperazione.
A Marta che si rifugia in risposte preconfezionate, che rimandano in un tempo di là da venire, Gesù chiede quanto è disposta, qui e ora, a fidarsi di lui. In gioco, infatti, c'è il non morire da vivi. Come vive un discepolo quando è messo a dura prova? Recuperando le relazioni e continuando ad affidarsi a Colui che è vita e risurrezione.
Il nostro compito è ripetere l'uno all'altro le parole di Marta a Maria: «Il Maestro è qui e ti chiama». Perché qualcosa accada anche in noi, è necessario uscire dalla nostra casa del dolore in cui non c'è più luce né speranza e iniziare a confrontarci con Gesù. Non importa se la prima reazione è di rabbia o di ricatto affettivo. Ciò che conta è lasciarsi condurre dal Maestro verso una nuova comprensione delle cose. Queste devono essere guardate da un'altra prospettiva per non essere sopraffatti emotivamente.
Il segno che Gesù sta per compiere, però, ha bisogno non solo della fede che la morte non è l'ultima parola ma anche della disponibilità a favorire il passaggio dalla morte alla vita: «Liberatelo e lasciatelo andare». C'è una fede che va oltre la rassegnazione e c'è uno sciogliere che ciascuno di noi può compiere adesso, qui.
Abbiamo bisogno di dare un senso nuovo a ciò che tentiamo di seppellire.


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