II Domenica di Quaresima (A)




Omelie - Il Vangelo della domenica
a cura di Antonio Savone, presbitero della diocesi di Potenza-Muro Lucano-Marsico Nuovo
Vita Pastorale (n. 3/2023)


ANNO A – 5 marzo 2023
II Domenica di Quaresima

Genesi 12,1-4a • Salmo 32 • 2 Timoteo 1,8b-10 • Matteo 17,1-9
(Visualizza i brani delle Letture)


TOCCARE IL CIELO CON UN DITO

Erano stati giorni bui quelli che gli apostoli si erano lasciati alle spalle: un senso di smarrimento e persino di panico aveva messo in discussione certezze più che consolidate. Era bastato che Gesù dicesse chiaramente a cosa si andava incontro che, persino la bella professione di fede di Pietro sembrava caduta nel dimenticatoio. Non diversamente da noi quando non sappiamo più fare appello alla fede, che resta compagna solo dei giorni lieti.
E allora comprendiamo bene Gesù che oggi prende ciascuno di noi e ci porta in disparte, sul monte, proprio per cogliere l'oltre di ogni cosa. Lasciarsi condurre nei misteri imperscrutabili dell'amore di Dio, provare a guardare le cose da un'altra prospettiva: ecco quanto ci occorre.
Sembra quasi che il mestiere di Dio sia quello di far uscire, condurre fuori: al compimento dell'esistenza non si giunge che attraverso esodi continui e nuove nascite. Prima Abramo, dopo di lui tanti altri ancora, poi Pietro, Giacomo e Giovanni. Anch'essi avevano accettato l'avventura di lasciare affetti e mestiere per stare dietro a uno che li aveva ingaggiati per qualcosa che non avrebbero mai immaginato di realizzare: pescatori di uomini. E sembrava potesse bastare.
Poi, però, erano venuti i giorni in cui l'annuncio del dramma che stava per incombere sul loro Maestro, aveva gettato tutti nello sconforto e nello smarrimento. Com'era difficile tenere insieme una prospettiva di vita alla quale avevano aderito con entusiasmo e senza esitazioni e quella che invece aveva a che fare con l'eliminazione fisica del loro Maestro! Cosa stava accadendo? E non era stato neppure il cedimento psicologico di un momento, se è vero che sul monte Gesù continuerà a parlare di questo anche con Elia e Mosè.
Ma poi, come d'incanto, tutto era apparso nuovamente plausibile e l'entusiasmo aveva fatto di nuovo la sua comparsa per ciò che i loro occhi stavano contemplando. Come dar torto a Pietro che avrebbe messo la firma allo spettacolo del monte? Forse che non conosciamo la magia dell'incanto che ti fa toccare il cielo con un dito? È bello stare in una situazione come quella sul Tabor. Ma essa, per ora, non è la condizione definitiva: non è dato fermarsi, come non è possibile sognare a occhi aperti una sorta di riparo a protezione per ciò che, talvolta, si abbatte su di noi.
Se oggi abbiamo accettato di lasciarci portare in disparte è per apprendere che la realtà va guardata solo dopo aver alzato lo sguardo e aver osservato uomini e cose come li vede Dio.
La trasfigurazione, ossia, imparare a coniugare l'abitudine e la creatività, il calcolo delle nostre relazioni e la larghezza del cuore di Dio, il disordine e il progetto, il momento e l'eterno, il traguardo e la meta, la croce e la gloria, la morte e la vita. La trasfigurazione, ossia, imparare a stare nelle cose abitudinarie con lo spirito di chi ha già gustato l'inedito, frequentare i bassifondi della storia con negli occhi il progetto che Dio ha su di essa nonostante le brutture, attraversare la prova con la consapevolezza che si tratta del travaglio per una nuova nascita.
Tutto questo, solo se acconsentiamo a lasciarci condurre fuori continuamente da Dio.


--------------------
torna su
torna all'indice
home