Omelie - Il Vangelo della domenica
a cura di Antonio Savone, presbitero della diocesi di Potenza-Muro Lucano-Marsico Nuovo
Vita Pastorale (n. 2/2023)
ANNO A – 5 febbraio 2023
V Domenica del Tempo ordinario
Isaia 58,7-10 • Salmo 111 • 1 Corinzi 2,1-5 • Matteo 5,13-16
(Visualizza i brani delle Letture)
V Domenica del Tempo ordinario
Isaia 58,7-10 • Salmo 111 • 1 Corinzi 2,1-5 • Matteo 5,13-16
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COGLIERE IL SENSO DELLA VITA
Sulla montagna da cui aveva appena proclamato le congratulazioni di Dio per poveri, afflitti, operatori di pace, misericordiosi, perseguitati, Gesù stabilisce che la fede non può mai essere declinata secondo il versante privato di un arricchimento personale o di una consolazione nei momenti di prova. Non si dà esperienza di fede qualora questa sia pensata come un frequentare percorsi spirituali che, finalmente, facciano prendere le distanze da tutto ciò che è umano. Il proprium della fede, infatti, è la storia come accade.
Per questo, per parlare dei suoi, Gesù usa due immagini che stabiliscono come essi non siano mai, anzitutto, per sé stessi ma per il mondo: sale della terra, luce del mondo.
Una pro-esistenza, per dirla con Bonhoeffer. Quando i discepoli avevano incontrato il Signore, la loro esistenza aveva assaporato un gusto e una luce mai provati prima. La condivisione della sua vita, l'ascolto della sua parola, la profondità del suo sguardo, la verità dei suoi gesti riscattavano tanti aspetti delle loro storie altrimenti rimaste senza un perché.
Non a caso, un giorno, messo di fronte alla prospettiva di andarsene, Pietro non potrà non esclamare: «Da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna». E Paolo più tardi gli farà eco: «Quello che poteva essere per me un guadagno, l'ho considerato una perdita a motivo di Cristo» (Fil 3,7).
Una ragazza morta suicida per un insuccesso scolastico, aveva nella tasca dei suoi jeans un bigliettino arrotolato indirizzato ai suoi e alla scuola: «Mi avete dato il necessario e anche il superfluo. Mi è mancato l'indispensabile».
I discepoli avrebbero potuto essere sale e luce solo nella misura in cui avessero condiviso il sale e la luce che avevano trovato in Gesù. Questo il nostro compito: aiutare a scoprire il senso di ogni cosa. Compito del sale è esaltare il proprium dei prodotti con cui entra a contatto, compito della luce evidenziare le caratteristiche proprie di persone e oggetti.
Quando veniamo alla luce, siamo corredati di ogni cosa per far fronte alla vita: riceviamo calore, affetto, riconoscimento, cure. Tuttavia, nessuno ci correda del senso di ciò che viviamo. Infatti, quando non riusciamo a coglierlo, tutto ci sembra incolore e insapore.
La presenza di Cristo nella mia vita muta lo sguardo, cambia il pensiero, modella il linguaggio, rende vero l'amore, mi aiuta ad attraversare il dolore, diventa compagno nella morte: Gesù Cristo ha vinto la morte e per questo non mi abbandona nella nebbia del non-senso.
Sale e luce posso esserlo quando sono in grado di introdurre qualcuno nella storia di Gesù di Nazaret se e nella misura in cui quella storia rischiara le mie tenebre e dà gusto ai miei giorni.
Quando pensava ai suoi, Gesù li pensava come persone non preoccupate di sé stesse, proprio come il sale e come la luce: il sale, infatti, non dà sapore a sé stesso ma a ciò con cui entra in contatto; la luce non rischiara sé stessa ma il buio che ci avvolge.
Ecco la pro-esistenza: senza sfoggi né scontri, senza sceneggiate né battaglie per autoaffermarsi. Il mondo e la terra sono luoghi da amare, da trasformare restituendo loro il senso di cui necessitano, non già realtà da combattere.
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