Quaresima (A) - 2023



Parola che si fa vita


Commenti e Testimonianze sulla Parola (da Camminare insieme)



"Parola-sintesi" proposta per ogni domenica,
corredata da un commento e da una testimonianza.


1a domenica di Quaresima (A) (26 febbraio 2023)
Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto (Mt 4,1)

2a domenica di Quaresima (A) (5 marzo 2023)
Signore è bello per noi essere qui! (Mt 17,4)

3a domenica di Quaresima (A) (12 marzo 2023)
Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità (Gv 4,24)

4a domenica di Quaresima (A) (19 marzo 2023)
Credo, Signore! (Gv 9,38)

5a domenica di Quaresima (A) (26 marzo 2023)
Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo (Gv 11,27)

Domenica delle Palme (A) (2 aprile 2023)
Davvero costui era Figlio di Dio (Mt 27,54)


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1a domenica di Quaresima (A) (26 febbraio 2023)
Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto (Mt 4,1)

Non è casuale che lo Spirito spinga Gesù, che ha appena ricevuto il battesimo da Giovanni, nel deserto. La sua missione, infatti, non sarà un percorso trionfale, ma un itinerario segnato subito dalla lotta contro le forze del male. La posta in gioco è molto alta: è il disegno stesso di Dio, il suo progetto di salvezza.
Gesù ora rivive alcune prove paragonabili a quelle che il popolo di Israele visse durante la peregrinazione nel deserto. Però, là dove Israele aveva fallito, Gesù esce trionfante. Così accetta nella sua persona il destino del suo popolo per realizzarlo, mantenendosi fedele alla volontà divina.
Questa lotta spirituale nella solitudine possiede un senso profondo. Gesù non aveva nessuno con cui conversare da pari a pari sulla sua missione. Ugualmente unica e incomunicabile era la consapevolezza del suo rapporto personale con il Padre. Quindi è significativo, anche per noi cristiani, che Gesù prima di presentarsi in pubblico, abbia affrontato nella solitudine e guidato dallo Spirito la prova del deserto, dove prende decisioni definitive. Infatti, lo Spirito ricevuto nel battesimo porta Gesù non in un luogo privilegiato, bensì nel deserto montagnoso.
Nel deserto si trovò Adamo dopo il peccato e Israele dopo l'uscita dall'Egitto: è il luogo invivibile, della prova. Lì Dio ci rieduca all'ascolto della Parola per ricondurci alla "terra promessa". Il Figlio allora, dopo il battesimo, è portato nel deserto per incontrare i fratelli che in esso si sono perduti.
Anche la nostra vita, quella di ogni giorno, è il luogo della prova, delle scelte. Sappiamo che quando compiamo una scelta buona c'è la difficoltà di portarla avanti. È in quel momento che possiamo contare sulla presenza, forza e luce dello Spirito che abita in noi, a partire dal Battesimo. Allora anche per noi, come per Gesù, è importante saper ascoltare la "sua" voce, che ci aiuta nelle scelte e ci dona il coraggio di farle e mantenerle.

Testimonianza di Parola vissuta

FINITO IN UNA SETTA

Amici d'infanzia, per un certo periodo non ci eravamo frequentati. Quando lui si è rifatto vivo, mi sono trovato davanti un uomo che non conoscevo. Era entrato a far parte di una setta e giustificava ogni sua azione con parole e citazioni della Bibbia.
Più che dei figli adolescenti e della moglie, dai quali peraltro si era allontanato a causa delle sue idee, mi parlava delle grandi azioni che ora svolgeva, della fine del mondo…
Ho avuto l'impressione netta che avesse subito un lavaggio di cervello. In seguito, ho preso contatto con la moglie, la quale me l'ha confermato; diceva che il marito era diventato insopportabile e aveva creato problemi economici perché doveva "aiutare" la sua comunità: solo così riusciva a sentirsi a posto con la coscienza. Quando le ho chiesto se fosse pronta a tenere la porta sempre aperta, ha esitato a lungo prima di rispondermi di sì.
Dopo quasi due anni, resosi conto della manipolazione subita, il mio amico è tornato a casa come un cane bastonato. Nel frattempo, la moglie e i figli erano cresciuti e maturati.

D.F. - Spagna

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2a domenica di Quaresima (A) (5 marzo 2023)
Signore è bello per noi essere qui! (Mt 17,4)

Questa seconda domenica di Quaresima ci conduce sul monte della Trasfigurazione e ci fa assaporare lo straordinario di Dio, che irrompe nella vicenda umana. La luce che traspare dal volto di Cristo e dalle sue vesti, la presenza di Mosè e di Elia e la nube luminosa ci mettono davanti a qualcosa di bello e straordinario che si sta realizzando. L'espressione di Pietro "Signore, è bello per noi essere qui" è manifestazione semplice e spontanea di una felicità e di una pienezza che si vorrebbero prolungare. Pietro vorrebbe rendere eterno quel momento privilegiato.
Quante volte è capitato anche a noi qualche evento che ci ha messo in cuore il desiderio che non finisse più: era così bello che non ci saremmo più mossi. Pietro ha capito che è bello! Sul volto di Gesù appare la bellezza originaria frutto dell'opera creatrice di Dio. E qui è bello "essere". Perché intuiamo di essere fatti per questo, altrove è "brutto" e non possiamo "essere". Solo davanti al volto di Gesù ci sentiamo a casa. Per questo siamo "pellegrini" in cerca di quel volto, davanti al quale ritroviamo il nostro volto.
Allora capiamo che il Padre ha una sola Parola, che lo rivela pienamente: il Figlio. A noi dice di ascoltarlo, perché, ascoltando Lui, diventiamo come Lui, figli. È questo il segreto perché la nostra vita diventi cristiana: poter dire come Pietro "Signore, è bello per noi stare qui". Siamo cristiani infatti non perché siamo buoni, generosi, pazienti, altruisti, ma perché abbiamo incontrato Cristo, perché ci siamo "innamorati" di Lui. E proprio questo incontro ci aiuta ad essere buoni, generosi, pazienti e altruisti.
Possiamo pensare a san Paolo: quando all'orizzonte della sua vita comparve Gesù (sulla strada verso Damasco) gli è nato in cuore un solo desiderio: conoscere Lui, conquistarlo dal momento che "anch'io sono stato conquistato da Lui". Chiediamo al Padre che questo avvenga anche per noi.

Testimonianza di Parola vissuta

SOLO AMANDO, "ESISTEVO"

Il Paradiso a portata di mano. Possibile? Io l'ho sperimentato molte volte da quando, a 30 anni, scoprii che Dio ci ama immensamente e ogni giorno attende la nostra risposta d'amore; non che egli ne abbia bisogno, ma perché ci vuole partecipare la sua gioia.
Le cose andarono così. Per amore di una ragazza, che da 60 anni è mia moglie, io – allora non credente – accettai di incontrare una comunità ecclesiale che cercava di attuare nel quotidiano gli insegnamenti del Vangelo, particolarmente quello che era annunciato come un nuovo comandamento: "Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi". Quindi una vita eroica, per incoraggiarci alla quale Gesù stesso prometteva il suo aiuto, soggiungendo: "Dove due o più sono uniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro".
In quella comunità mi sentii accolto come se ci conoscessimo da sempre, con semplicità. Lì imparai ad ascoltare, facendo tacere il mio "io", che prima voleva sempre prevalere, imporsi, come per essere sicuro di esistere. E sempre più comprendevo che soltanto amando "esistevo".

Giovanni M. - Italia

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3a domenica di Quaresima (A) (12 marzo 2023)
Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità (Gv 4,24)

La liturgia odierna ricorda, con la sua Parola, che l'iniziativa che porta alla conversione del cuore parte da Dio. Da Dio che si manifesta nella semplicità del quotidiano con le sue necessità, desideri e incombenze.
Ascoltando il vangelo notiamo che la "sete" è l'elemento che sta al centro del racconto dell'incontro di Gesù con la samaritana. Qui la sete esprime il bisogno reale dell'essere umano di trovare qualcosa di profondo che dia pienezza al vivere. Per la donna samaritana è il desiderio di vita che solo Gesù può colmare. Nel pellegrino sconosciuto, che smaschera i suoi equivoci, la donna riconosce un profeta. Quasi imbarazzata per le parole di Gesù, sembra tergiversare, e cambiando argomento comincia a parlare di luoghi di culto. Ma a ben vedere, la donna non va fuori tema: la ricerca dell'acqua che zampilla per la vita eterna è una "questione di culto". Fino a quel momento, la samaritana ha cercato di colmare la propria sete nel "luogo" sbagliato: si è rivolta agli idoli. Con l'arrivo del messia si apre un'era nuova, per lei e per ogni altra creatura.
Ciascuno ha i propri idoli: sono tutto ciò a cui si consegna la vita (il successo, la bellezza, il potere, la ricchezza, ecc.), qualcosa che è "più piccolo" dell'uomo, perché opera delle sue mani. Gli idoli promettono felicità, ma lasciano con la gola riarsa: essi tolgono quanto promesso. Gesù dichiara alla donna che l'acqua che zampilla per la vita eterna va cercata nell'incontro con quel Padre, che si adora in "spirito e verità", nel "tempio" del suo corpo. È Gesù infatti che ci fa conoscere chi è il Padre e ci permette di incontralo.
Tra la samaritana e Gesù accade l'imprevedibile e lei finisce col riconoscere che colui che ha davanti non solo è un maestro e un profeta, ma è il Salvatore, colui che dà un orizzonte nuovo alla vita, perché dona lo Spirito, l'amore vero. E anche noi nell'amore abbiamo comunione di vita con il Padre e i fratelli, nell'unico Spirito, che è la vita di tutto. Viviamo nell'amore!

Testimonianza di Parola vissuta

"LO FAI PER TE O PER GLI ALTRI?"

Mi trovavo in una strana situazione: pregavo ogni giorno, frequentavo regolarmente la Messa, ero impegnato in opere di carità…, eppure non avevo una fede viva. Era come se un velo mi impedisse di vedere chiaramente.
Un giorno, accompagnando mia nonna dal medico, ci siamo addentrati in discorsi profondi; conoscendo quanto fosse credente, le ho raccontato il mio stato d'animo. E lei, fissandomi negli occhi: "Figlio mio, tutto quello che fai, lo fai per te o per gli altri?". Quella semplice domanda mi ha sconvolto. C'era da cambiare completamente rotta! Ho cominciato a riflettere, costatando che anche gli atti di carità erano riempitivi di un sistema di doveri.
Periodicamente visitavo un anziano. Andando da lui, dopo quella volta, più che parlare di pratiche da sbrigare o di medicine, gli ho chiesto cosa avesse in cuore. Mi ha parlato della guerra, dei commilitoni morti, della malattia della moglie… Alla fine mi ha ringraziato per il grande dono che diceva di aver ricevuto quel giorno.

U. R. - Argentina

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4a domenica di Quaresima (A) (19 marzo 2023)
Credo, Signore! (Gv 9,38)

I nostri bisogni, fisici e spirituali, sono tanti: mentre domenica scorsa il simbolo di questi bisogni era l'acqua, oggi il simbolo che ne diventa l'espressione è la luce. Così la guarigione di un uomo cieco dalla nascita, descritta nel vangelo odierno, si fa immagine del nostro cammino interiore di fede.
Credere da cristiani è cercare e accettare la luce di Gesù nella nostra vita quotidiana: una scelta mai scontata e che non può mai farci sentire definitivamente a posto. Perciò chiede di tradursi in un comportamento da figli di questa luce ricevuta in dono fin dal battesimo. Infatti il vangelo di questa domenica ci parla di un nuovo modo di "vedere": il cieco nato che riacquista la vista diventa capace di vedere Gesù con occhi diversi: vede in Lui la rivelazione di Dio. "Credo, Signore!": il rapporto con Dio apre a lui la possibilità di condividere il suo sguardo che arriva diritto al cuore e scopre la volontà di bene che pulsa nel profondo di ognuno di noi. La fede cristiana infatti è essenzialmente un "vedere": è un aprire gli occhi sulla realtà, di guardare come guarda Dio.
Gesù chiede al cieco ormai guarito, se crede nel Figlio dell'uomo, ed egli risponde: "Credo, Signore!". È questo il momento in cui il cieco è pienamente illuminato: vede il Signore che parla con lui e aderisce a Lui. È il Signore che gli ha aperto il cuore per accoglierlo. Il cieco guarito ci insegna che si crede perché si incontra uno degno di fede, uno che ci ispira fiducia. La fede cristiana allora non è primariamente un "credere a qualcosa", ma un "credere in Qualcuno". Credere, per noi cristiani, è credere in Gesù Cristo.
Se uno vuole scoprire se fuori c'è il sole o no, non basta guardare le previsioni del tempo, ma occorre aprire le finestre e guardare fuori. Nel caso della fede, le finestre da aprire sono le pagine del vangelo: il vangelo vissuto oggi e reso credibile da tanti testimoni.

Testimonianza di Parola vissuta

ACCOGLIENZA

Quando, per rispondere all'appello fatto da papa Francesco ad ogni parrocchia di prendersi in carico una famiglia di profughi, abbiamo aderito alla richiesta d'aiuto del nostro parroco, non immaginavamo la serie di problemi che ne sarebbe seguita. L'occasione è stata l'arrivo di una madre incinta, fuggita dal suo Paese dopo che le avevano ucciso il marito. In seguito, ci siamo impegnati per far arrivare in Italia, ad uno ad uno, anche gli altri figli ospitati da parenti.
Non possiamo negare che il tranquillo tran tran della nostra comunità è stato messo fortemente alla prova, ma dobbiamo anche riconoscere che aprirci ai bisogni degli altri è stato un salutare elettroshock: ci ha costretti rivedere fino a che punto eravamo cristiani coerenti.
Ora che è trascorso qualche anno, ci rendiamo conto del dono enorme ricevuto: un cuore dilatato, più sensibile alle sofferenze umane.

P. e A. - Italia

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5a domenica di Quaresima (A) (26 marzo 2023)
Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo (Gv 11,27)

Riconoscere che Dio è il Signore della nostra vita non è facile, soprattutto in un contesto come il nostro secondo il quale "nostri signori" sono tante realtà mondane. Oggi la signoria di Dio e la speranza che egli sia il principio vitale che ci sottrae alla morte, ad ogni morte, sono messe in discussione e spesso rifiutate. Per questo il cristiano che crede nella risurrezione dei morti, non ha vita facile. Il vangelo di oggi dice: chi crede in me crede nella vita, è capace di gioia, diffonde certezza e speranza.
Tutti noi conosciamo l'episodio della risurrezione di Lazzaro, un amico di Gesù. Si ammala e muore. Le sorelle Marta e Maria informano Gesù e quando Lui arriva, Lazzaro è morto da quattro giorni ed è nella tomba. Pianto e lutto nella casa, tra parenti e amici. Anche Gesù si commuove e "scoppia a piangere". "Se fossi stato qui, nostro fratello non sarebbe morto" gli dice con una punta di rimprovero una delle sorelle. Ma Gesù, con sicurezza e autorità divina, le dice: "Tuo fratello risorgerà". Marta pensa che parli della risurrezione finale, nell'ultimo giorno, ma Gesù dice con chiarezza: "Io sono la risurrezione e la vita, chi crede in me, anche s e muore vivrà. Credi questo?". Ed ecco la professione di fede di Marta: "Sì, Signore, io credo che tu sei il Cristo". E Lazzaro viene restituito vivo all'affetto dei suoi cari. È un uomo nuovo, "risorto". Sa che c'è qualcuno più forte della morte. La storia di Lazzaro è stata scritta per dirci che c'è una risurrezione del corpo e che c'è una risurrezione del cuore; se quella del corpo avverrà "nell'ultimo giorno", quella del cuore avviene ogni giorno. Come fare? Bisogna "mandare a chiamare Gesù". Invocarlo come fanno le persone sepolte sotto una valanga o sotto le macerie di un terremoto, che richiamano con i loro gemiti l'attenzione dei soccorritori. E quando siamo come Lazzaro nella tomba, è necessario che ci sia qualcun altro che faccia questo per noi. E questi altri possiamo essere noi.

Testimonianza di Parola vissuta

VECCHI COLLEGHI

Tanti dei miei colleghi di lavoro, del tempo del comunismo, aderivano al partito e si dicevano atei. Ora siamo tutti invecchiati e ho saputo che uno di loro era in ospedale. Ero in dubbio se andarlo a trovare, anche perché, sapendo che ero credente, lui mi aveva criticato per mettermi in cattiva luce agli occhi di tutti i colleghi.
Un giorno mi sono fatto coraggio e sono andato. Quell'uomo altero e sicuro era rannicchiato come un bambino indifeso. Appena mi ha visto, ha confessato che sperava che andassi da lui: "Perdonami se ti ho fatto del male, ma eravamo ubriachi di ideologie e odio di classe. Tu eri un nemico perché non eri con noi. Ora vedo diversamente la vita e la storia. Quando si impara la lezione, è ora di andarsene e non si ha tempo e forza per dirlo agli altri". Mi ha chiesto poi un favore: aiutarlo a parlare con un sacerdote. Così ho fatto.
Si è spento sereno. Anche la famiglia di lui, dopo la sua morte, ha ritrovato una nuova armonia.

V.G. - Ungheria

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Domenica delle Palme (A) (2 aprile 2023)
Davvero costui era Figlio di Dio (Mt 27,54)

È utile pensare che ogni evangelista ha trovato il proprio modo di autenticare la vicenda di Gesù, attestando che la sua passione non fu una sconfitta, ma il compimento del disegno di Dio. La via intrapresa dall'evangelista Matteo, di cui in questa domenica ascoltiamo il racconto della passione del Signore, fu quella di dimostrare che la missione affidata a Gesù dal Padre coincise con il compito di rivelarsi Messia in quanto Figlio obbediente. È questa l'identificazione fondamentale che la voce divina attribuisce a Gesù al momento del battesimo e sul monte della trasfigurazione: "Questi è il Figlio mio, l'amato". Tale obbedienza lo porta sino alla morte di croce: è consegnandosi ad essa che egli si rivela Figlio al massimo grado.
In concomitanza con la morte di Gesù, Matteo moltiplica i segni cosmici di compimento: si fa buio su tutta la terra, si scatena un terremoto, i santi risorgono, il velo del tempio si squarcia in due. Si compiono così le parole attribuite a Gesù come imputazione al processo. Di fatto, il tempio è già distrutto: d'ora in poi il santuario della presenza di Dio sarà il corpo risuscitato del Figlio, a cui possono accedere tutti nella fede, perché il velo di separazione tra giudei e gentili è stato rimosso. Ne è prova il fatto che i primi a riconoscere l'identità filiale di Gesù siano dei pagani, un centurione e altri che fanno la guardia con lui, i quali presi da grande timore davanti a quei segni portentosi, dicono: "Davvero costui era Figlio di Dio!".
Noi entriamo nella Settimana Santa: è il tempo di contemplare l'infinito amore di Dio per noi. In questo amore gratuito e inaudito il centurione trova Dio. Sotto la croce, Dio si svela e regna solo con la forza disarmata e disarmante dell'amore. Lasciamo che lo stupore pervada anche noi; guardiamo il Crocifisso e diciamo anche noi: davvero sei il Figlio di Dio; tu sei il mio Dio.

Testimonianza di Parola vissuta

L'ANGOLO DEL CAFFÈ

Nella residenza per anziani dove sono ospite, davanti al distributore del caffè solitamente scherziamo o parliamo di cose senza importanza, ma se siamo solo in due, come quella volta con Franco, una capacità di ascolto facilita colloqui come questo: «Dovremmo pregare sempre». «Mille preghiere al giorno?». «No, certamente». «E allora?». «Fare come Gesù che era sempre in colloquio col Padre». «Ma ti pare possibile?». «Sì, prendendo alla lettera il Vangelo, come quando lui comanda di amarci gli uni gli altri, aggiungendo "come io ho amato voi"». «Lui però è morto in croce». «Ci sono molti modi di morire per amore: per esempio, far tacere il proprio io che vorrebbe sempre affermare sé stesso, ascoltando l'altro fino in fondo». «Non è facile…». «Possiamo provare». Il caffè è finito.
Giorni dopo Franco, che ci vede poco, mi confida: «Quando incontro gli altri ospiti, non distinguo i loro lineamenti, ma faccio come se li riconoscessi. Ricordando ciò che ci siamo detti, cerco di vedere in ciascuno di loro un Gesù al quale do il mio fraterno saluto».

G. - Italia

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