Commemorazione dei fedeli defunti




Omelie - Il Vangelo della domenica
a cura di Antonio Savone, presbitero della diocesi di Potenza-Muro Lucano-Marsico Nuovo
Vita Pastorale (n. 10/2022)


ANNO C – 2 novembre 2022
Commemorazione dei fedeli defunti

Giobbe 19,1-23-27a • Salmo 26 • Romani 5,5-11 • Giovanni 6,37-40
(Visualizza i brani delle Letture)


NON È LA FINE MA UN PASSAGGIO

Torna l'annuale appuntamento della commemorazione dei nostri cari defunti. Ciascuno ha i suoi modi per ricordarli: una visita al cimitero, un fiore, un cero, una preghiera, una lacrima, il riandare con la memoria ai momenti condivisi con chi non è più tra noi fisicamente. Ma è proprio vero che non sono più? Volti, nomi, persone sono soltanto un ricordo che riaffiora ogni tanto? Mio padre, mia sorella, mio cognato, mio fratello, solo un ricordo?
È strano il nostro rapporto con la morte. Non c'è nulla di più certo nella nostra vita della morte, eppure ci sorprende continuamente dal momento che ci trova sempre impreparati.
Di fronte a un mondo che esorcizza la morte facendone la "cosmesi" (cardinale Martini), la Chiesa sente il bisogno di smettere le parole di circostanza per farsi ascoltatrice di una Parola che è la sola a dare senso al vivere e al morire.
E che cosa ci annuncia questa Parola? Ci annuncia che quel bisogno insaziabile di vita che ci portiamo nel cuore è stato immesso dal Padre stesso che ci ha creato. Questa vita non ci basta, per questo niente e nessuno può appagare definitivamente questo bisogno. Creandoci e chiamandoci alla vita nuova con il battesimo, ha messo in noi un germe di vita eterna che solo lui può saziare appieno. Chi è stato creato a immagine e somiglianza di Dio, può forse accontentarsi di qualcosa che non sia egli stesso? «Ci hai fatti per te, Signore, e il nostro cuore è inquieto fin quando non riposa in te». La vita, quella eterna, la si può ottenere solo nella misura in cui conosciamo il Padre e il Figlio: «Questa è la vita, conoscere te, o Padre, e colui che hai mandato». Il Figlio è l'unico che ha parole di vita eterna: «Da chi andremo, Signore? Tu solo...».
E la sua Parola ci ricorda, altresì, che i nostri cari sono vivi in lui, anzi, sono più vivi di noi, perché godono della vita che non muore più: la morte non ha più alcun potere su di loro. Essi ci hanno preceduto. Sì, perché, nostra abitazione stabile non è questa terra ma il cielo. Semmai, siamo noi in ritardo rispetto a loro. Comprendiamo perché san Francesco, la sera della sua pasqua, sentendosi annunciare il sopraggiungere della morte, esclama: «Ben venga, sorella morte, ben venga», quasi a voler affrettare il momento per entrare nel pieno possesso di quella casa che ciascuno di noi tanto desidera ora, qui. I nostri cari non sono un ricordo ma presenze vive.
È solo la luce che viene dal Vangelo a permetterci di vivere la morte non come una sorpresa ma come un incontro da attendere e preparare. Essa non è la fine ma un passaggio: non voler varcare la soglia della morte sarebbe come scegliere di non uscire dal grembo materno solo per la paura dell'eventuale travaglio che ci fa passare da uno stato a un altro.
Quello che viviamo su questa terra è il preludio di quello che vivremo per sempre: per questo nulla è indifferente, nulla è banale. Qui dettiamo temi, ritmi che troveranno il loro svolgimento in eterno. Beati noi se sin da ora, vivendo a immagine di colui che ci ha creati, sappiamo anticipare qualcosa di ciò che vivremo per sempre. Sì, perché quando qualcuno ci riesce, è motivo di speranza anche per chi gli sta accanto.


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