Omelie - Il Vangelo della domenica
a cura di Antonio Savone, presbitero della diocesi di Potenza-Muro Lucano-Marsico Nuovo
Vita Pastorale (n. 10/2022)
ANNO C – 13 novembre 2022
XXXIII Domenica del Tempo ordinario
Malachia 3,19-20a • Salmo 97 • 2 Tessalonicesi 3,7-12 • Luca 21,5-19
(Visualizza i brani delle Letture)
XXXIII Domenica del Tempo ordinario
Malachia 3,19-20a • Salmo 97 • 2 Tessalonicesi 3,7-12 • Luca 21,5-19
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FEDELI ALLA PROMESSA DEL SIGNORE
Dava sicurezza la maestosità del tempio di Gerusalemme. Esso era il segno evidente di un momento storico che aveva lasciato una traccia che tutti potevano riconoscere e ammirare. Eppure, anche ciò che sembra portare i caratteri del duraturo patisce l'eventualità della deflagrazione. Crollano le strutture, si spezzano i legami, si sgretolano i propositi, vengono meno gli impegni: per quanto ci si dia da fare, niente è garantito circa il suo permanere nel tempo.
Non resterà pietra su pietra.
Accadde al tempio preso d'assedio, accade a ogni realtà:ogni cosa evidenzia prima o poi la sua finitudine. E questo è nulla, sembra dire Gesù. La cronaca recente ci ha messo di fronte la triste realtà di una terra meravigliosa ma continuamente violata. Per non parlare di ciò che accade a tanti che per la fede in Gesù mettono a repentaglio la loro esistenza.
Fosse possibile sembrerebbe che l'unica via di scampo sia la costruzione di un bunker ultrasicuro. Come si può essere al riparo, altrimenti, negli affetti e nelle costruzioni?
E, invece, al dire di Gesù è possibile superare la naturale e comprensibile paura grazie alla certezza che «nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto». A Dio sta a cuore non solo la nostra esistenza ma anche gli aspetti che è normale perdere proprio come i capelli.
Affermare che non resterà pietra su pietra è un invito a non identificarci con l'opera delle nostre mani: nessuno equivale ai risultati raggiunti o agli obiettivi perseguiti o alle costruzioni realizzate. «L'uomo vale quanto vale davanti a Dio, nulla di più», ripeterebbe san Francesco.
Non resta l'opera delle nostre mani: «La carità non avrà mai fine». Resta soltanto l'amore che ha mosso i passi, guidato le intenzioni, animato i gesti. Questo, sì, resta ed è per questo che bisogna operare.
O le belle pietre e i doni votivi diventano segno della carità che muove il nostro costruire la comunità o sono soltanto strumenti per autoaffermarsi e perciò destinati a passare.
«Molti verranno nel mio nome dicendo "Sono io"»: non accade, forse, che negli ambiti più svariati qualcuno si proponga a noi come l'unica soluzione possibile? Ma a che prezzo? «Non seguiteli»: l'unica sequela è mettere i propri passi dietro quelli di Gesù Cristo.
Il brano evangelico sembra la cronaca riportata da uno dei nostri Tg. Questo è il segno che l'accadere di queste cose non è la caratteristica che siamo nel "giorno ultimo". Chissà quante volte sono accadute da allora e chissà quante altre volte accadranno.
«Non lasciatevi ingannare. [...] Con la vostra perseveranza salverete le vostre anime». Quello che accade ogni giorno non è il conto finale della vita: a mettere in salvo la nostra anima non è alcun messia di turno né chissà quale segno dal cielo. A salvare la nostra vita sarà solo la nostra perseveranza: attraversare la storia fidandosi della fedeltà della promessa di Dio che si esprime mediante la nostra capacità di restare fedeli al nostro quotidiano.
La perseveranza, la pazienza, sono lo stare di fronte all'incompiuto senza abdicare alla propria disponibilità a mettersi in gioco anche a costo di dare la vita proprio come il Signore Gesù.
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