XXXI Domenica del Tempo ordinario (C)




Omelie - Il Vangelo della domenica
a cura di Antonio Savone, presbitero della diocesi di Potenza-Muro Lucano-Marsico Nuovo
Vita Pastorale (n. 9/2022)


ANNO C – 30 ottobre 2022
XXXI Domenica del Tempo ordinario

Sapienza 11,22-12,2 • Salmo 144 • 2 Tessalonicesi 1,11-2,2 • Luca 19,1-10
(Visualizza i brani delle Letture)


IL PASSAGGIO DEL SIGNORE

Non sempre la fretta è una cattiva consigliera. A volte, quando si riattiva un desiderio di vero, di bene, di bello, bisogna correre. Da tempo, evidentemente, Zaccheo portava nel cuore il desiderio di ritrovare sé stesso non più al soldo di qualcuno ma nella libertà di chi riesce a stare di fronte all'altro senza dover pensare a cosa potergli portar via.
Il passaggio di Gesù coincideva proprio con la necessità per Zaccheo di riprendere a sperare. Nessuno ci avrebbe creduto che quell'uomo a tutti noto come collaborazionista di Roma, coltivasse altri interessi rispetto alle tangenti da estorcere.
Proprio l'affrettarsi di Zaccheo palesava i veri desideri del suo cuore: era come se per la prima volta Zaccheo chiamasse per nome la sua situazione e, raccogliendo tutte le sue energie,dicesse a sé stesso quale prezzo era disposto a pagare pur di non tornare indietro. Zaccheo fatica a riconoscersi nella parte della vittima e, perciò, non spreca il suo tempo a piangersi addosso e così diventa il modello di come uscire da certe impasses. Il salire sull'albero, infatti, è lì a ricordare come certi snodi si superino solo accettando di mutare prospettiva. I limiti che ritrova nella sua storia sono evidenti: nulla potrà far sì che aumenti di qualche centimetro, come pure nulla riuscirà a smuovere l'ostacolo di chi gli sta intorno.
Il salto di qualità in tutta questa vicenda, infatti, è determinato dalla disposizione a riconciliarsi con sé stesso così com'è e ad accogliere gli altri così come sono. È talmente grande il suo desiderio di non mancare a quell'appuntamento che non perde tempo a curarsi di sé e di chi gli fa ressa intorno. Nella vita di ognuno di noi c'è sempre un sicomoro a disposizione, ossia qualcosa/qualcuno che non ci costringa a un solipsismo mortifero né a un continuo accusare altri.
È interessante che Zaccheo si affretti e salga. Non perde la lucidità e per questo prova a mettersi in ascolto di ciò che sta per accadere senza volerlo minimamente condizionare o manipolare.
E quando si accorge che quel passaggio aveva come destinazione proprio casa sua, Zaccheo diventa incurante delle mormorazioni che immediatamente vorrebbero impedire quell'incontro. La fretta e la gioia attestano che quando c'è in gioco la propria vita, guai a lasciarsi bloccare da chi conosce come unico mestiere quello di impedire la crescita dei germogli e perciò tutto vorrebbe congelare. Quel germoglio, infatti, conosce subito una splendida fioritura nella decisione presa da Zaccheo di restituire e fare del bene.
Proprio Zaccheo segna per tutti noi l'itinerario da compiere, se non vogliamo che la visita di Dio resti solo nella memoria di un calendario e non già in quella del cuore. Il desiderio muove all'incontro, l'incontro fa toccare con mano quanto ciascuno di noi sia prezioso agli occhi di Dio, il sapersi amati da lui apre alla conversione e la conversione diventa piena quando si fa condivisione con i poveri. Zaccheo non cammina, corre; in avanti, non all'indietro; sale sull'albero, cambia prospettiva. Spesso ribaltare la propria vita è salire sull'albero della "pazzia". Fare quella cosa che non avresti mai fatto, nemmeno se ti avessero pagato. Mantieniti "folle".


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