XXIV Domenica del Tempo ordinario (C)




Omelie - Il Vangelo della domenica
a cura di Antonio Savone, presbitero della diocesi di Potenza-Muro Lucano-Marsico Nuovo
Vita Pastorale (n. 8/2022)


ANNO C – 11 settembre 2022
XXIV Domenica del Tempo ordinario

Esodo 32,7-11.13-14 • Salmo 50 • 1 Timoteo 1,12-17 • Luca 15,1-32
(Visualizza i brani delle Letture)


LA FOLLIA DI DIO

Scribi e farisei non reggono l'operato di Gesù e il loro risentimento assume i tratti della mormorazione.
Era inaccettabile che chi si riteneva figlio di Dio non prendesse le distanze da chi aveva abbandonato da tempo la casa e il cuore del Padre. Non è, forse, vero che uno dei modi per affermare la propria appartenenza è il bisogno di rimarcare i tratti di chi è escluso?
Tutto quello che Gesù ha compiuto e ha detto attesta, invece, che si prendono le distanze da Dio tutte le volte che lo si colloca sul piedistallo della separazione. E così, con la pretesa di rendere culto a Dio, non si fa altro che bruciare incenso a una propria immagine di Dio.
Quello che ci racconta oggi il Vangelo non riguarda il percorso che deve fare un peccatore per vivere una vita retta, quanto piuttosto il cammino che chi si ritiene giusto deve compiere per scoprire la misericordia e arrivare a gioire per ciò che è gioia di Dio. Il cuore della parabola sta proprio nell'invito a fare festa: «Rallegratevi con me». E questo è possibile solo se tu scopri chi è e come è Dio veramente, cosa che solo il Figlio suo può rivelare. La parabola, infatti, non è narrata per pubblicani e peccatori, ma per farisei e scribi: sono loro che fanno fatica ad accettare una tale rivelazione. I primi non ne hanno bisogno: si sono già raccolti intorno a Gesù per ascoltarne l'insegnamento.
Il Dio rivelato da Gesù patisce le assenze, non si rassegna alla perdita, soffre per l'abbandono. E per questo narra un esempio che ha del paradossale: «Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la ritrova?». Noi non faticheremmo a rispondergli: «Nessuno di noi, Signore». Vale davvero la pena rischiare tutto quando non hai neppure la certezza di trovare ciò che hai smarrito e col rischio di non ritrovare più ciò che hai lasciato? Solo un folle oserebbe tanto, solo Dio: egli, infatti, non calcola e per questo raggiunge l'uomo nei suoi smarrimenti, lo scova dove si è cacciato. Anche a fronte dell'evidente fallimento, Dio non si pente di averci messi al mondo, per nessuna ragione. E quando ci ritrova, Dio non esegue una sentenza ma offre una nuova opportunità: lasciarsi portare in spalla. Chi mai si sarebbe aspettato tanto, di non essere neppure costretto a ripercorrere a piedi il cammino a ritroso? È proprio dell'amore, infatti, caricarsi il peso dell'altro.
Dio è tenace nella ricerca, ostinato, come ci ricorda l'atteggiamento del pastore. Non solo: è addirittura meticoloso nel tentativo di ritrovare, come ci attesta ciò che fa la donna che spazza e mette a soqquadro la casa finché non trova ciò che ha smarrito.
Finché non la ritrova. Io valgo davvero se Dio non ha mai smesso di cercarmi e valgo in modo unico tanto che se mi perdo, Dio non si dà pace. L'economia di Dio non ammette "perdite inevitabili" o "danni collaterali". Il dono d'amore per tutti passa attraverso la cura di uno solo. Anzi, è proprio l'attenzione all'uno che dice la larghezza del cuore. Questo è il caso in cui poter dire: uno vale per tutti. Proprio la sua volontà di ritrovarmi restituisce il prezzo della mia dignità: valgo il dono del Figlio. Da non credere!


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