Omelie - Il Vangelo della domenica
a cura di Antonio Savone, presbitero della diocesi di Potenza-Muro Lucano-Marsico Nuovo
Vita Pastorale (n. 8/2022)
ANNO C – 4 settembre 2022
XXIII Domenica del Tempo ordinario
Sapienza 9,13-18 • Salmo 89 • Filemone 9b-10.12-17 • Luca 14,25-33
(Visualizza i brani delle Letture)
XXIII Domenica del Tempo ordinario
Sapienza 9,13-18 • Salmo 89 • Filemone 9b-10.12-17 • Luca 14,25-33
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LA "MULATTIERA DEL CALVARIO"
I passi verso Gerusalemme si fanno più affrettati e Gesù dovrà passare dall'accoglienza entusiasta della gente che va con lui, all'abbandono persino da parte dei suoi. Per questo gioca a carte scoperte: «Quali sono i motivi per cui mi segui? Perché ti dici discepolo? Sei consapevole di ciò che ti attende? Sei disposto a giungere fino in fondo a questa avventura?».
Un Gesù chiaro, determinato, deciso che desidera uomini e donne disposti a condividere la sua stessa passione per Dio e per l'uomo, non gente preoccupata della propria sicurezza, anzitutto.
Se tu puoi stargli dietro per un tuo interesse, non è per un suo tornaconto che egli ti ama. Non cerca l'entusiasmo facile di chi fa dietrofront al primo tornante della vita. Sa bene che la cartina di tornasole di ogni dichiarazione d'amore è il passaggio obbligatorio della "mulattiera del Calvario" (don Tonino Bello). Sei disposto a seguirlo fin lì?
Egli chiede di amarlo con la totalità del proprio essere non già per escludere qualcuno ma per imparare ad amare ciascuno come Dio stesso lo ama. A ragione la Beata Benedetta Bianchi Porro ripeteva che la carità è «amare Dio con tutto il cuore e gli altri con il cuore di Dio».
Proprio mentre rivendicava di essere nelle cose del Padre e, perciò, stabiliva la giusta distanza affettiva con i suoi, Gesù è arrivato ad amare i fratelli col dono della sua stessa vita. Quando amiamo Dio al di sopra di ogni cosa, agli altri non offriremo la pretesa del nostro egoismo ma il dono di un amore che desidera soltanto il vero bene. Ciascuno diventa ciò che ama, ciascuno diventa chi ama. Se amo Dio al di sopra di ogni cosa, io divento come lui, capace di gratuità e di iniziativa, di perseveranza e di fedeltà. Quando, invece, mi relaziono ai miei come a ciò che esiste di più determinante per me, ho costruito la trappola più pericolosa e mortale che esista al mondo: la forza di certi legami, infatti, toglie linfa a relazioni più mature.
Non è un caso che il portare la croce si inserisca proprio all'interno di questo discorso: arrivare ad amare di più ha a che fare, inevitabilmente, con l'assumere su di sé la fatica della relazione. D'altronde, solo l'arrivare a soffrire per l'altro rende matura e solida ogni dichiarazione d'amore. Portare la croce significa assumere l'inamabile tra di noi, l'inamabile dentro di me con la consapevolezza che proprio l'attenzione verso di esso porta a compimento la mia maturità.
Che cosa ci ha chiesto con l'invito a portare la croce? Che le nostre relazioni affettive, qualora dovessero conoscere il calice amaro della crisi, trovino la disponibilità a mettersi in gioco proprio come il Signore ha fatto: Dio, infatti, non conosce crisi d'amore perché non conosce crisi di fede.
È necessario calcolare il da farsi prima di costruire una torre e misurare le proprie forze per vedere se si è in grado di far fronte a una battaglia. Se la prospettiva è arrivare a un amore "ad altezza di croce", valuta per tempo se sei disposto ad arrivare a tanto e se hai le energie per farlo. La riuscita del tuo percorso è commisurata alla tua disponibilità a prendere le distanze dall'invadenza di certi legami e dall'attaccamento ossessivo a ciò che non sazia.
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