Omelie - Il Vangelo della domenica
a cura di Antonio Savone, presbitero della diocesi di Potenza-Muro Lucano-Marsico Nuovo
Vita Pastorale (n. 8/2022)
ANNO C – 28 agosto 2022
XXII Domenica del Tempo ordinario
Siracide 3,19-21.30-31 • Salmo 67 • Ebrei 12,18-19.22-24a • Luca 14,1.7-14
(Visualizza i brani delle Letture)
XXII Domenica del Tempo ordinario
Siracide 3,19-21.30-31 • Salmo 67 • Ebrei 12,18-19.22-24a • Luca 14,1.7-14
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IL DIO DELL'ULTIMO POSTO
No, non stava redigendo una sorta di galateo relazionale. Quel giorno, Gesù, stava sollevando la questione su Dio. È di Dio, infatti, che sta parlando, del suo stile, delle sue scelte, di ciò che gli sta a cuore.
Il Dio dell'ultimo posto: questo è il tratto più caratteristico del Dio rivelatoci da Gesù. Il Dio il cui sguardo è sempre uno sguardo dal basso, ai piedi della crescita di ogni uomo.
Quello che noi celebriamo è il mistero di un Dio che si fa ultimo ed entra nella storia con il silenzio di Nazaret e con la povertà del Maestro di Galilea.
All'ultimo posto si colloca per scelta non per condizione: «Spogliò sé stesso assumendo la condizione di servo» (Fil 2,6).
Davvero noi non ci siamo accostati a fuoco ardente, a oscurità, tenebra e tempesta ma a un Dio capovolto: lui, il Signore e il Maestro, in mezzo a noi come colui che serve.
Se così è Dio, la comunità cristiana è chiamata a fare suo lo stile di chi sta nella vita senza farsi prendere da manie di protagonismo o di esibizionismo, lo stile di chi non giunge mai a usare il religioso così da perpetuare il perenne bisogno di riconoscimento o di presenzialismo.
Se così è Dio, la comunità cristiana partecipa della beatitudine di vivere nella gratuità, rompendo la logica mortifera del contraccambio. Nell'Ultima cena, nel gesto che segnerà la sua offerta più libera e più piena, Gesù siederà a mensa con degli invitati per nulla capaci di riconoscenza e affidabilità. Proprio in quel contesto istituirà il sacramento del dono gratuito di sé a chi né lo merita né saprà dimostrarsi in grado di ricambiare il dono partecipato.
Beato, dunque, perché essi non hanno la possibilità di ricambiarti. Sono i gesti senza ritorno a rendere felice l'esistenza umana. La ricompensa al dono, infatti, non è il contraccambio ma qualcuno che torna a vivere.
Quando tu inviti amici, fratelli, parenti e vicini il cerchio della vita si chiude nell'eterna illusione del pareggio tra dare e avere e perciò non c'è futuro perché la storia si chiude nel pareggiare i conti. Rompi questo cerchio mortifero, allarga l'orizzonte, spalanca il cuore perché «è dando che si riceve...», dirà san Francesco. Sarai beato perché agisci come agisce Dio.
Vivere realisticamente la nostra misura è ciò che attira su di noi lo sguardo di Dio, mentre vivere l'esaltazione fanatica e illusoria della nostra autonoma affermazione rivela tutta la nostra soffocante insufficienza.
La gloria vera, infatti, non dipende da uno stupido gioco di precedenze quanto dalla consapevolezza di essere voluti, amati e chiamati al banchetto della vita nonostante il nostro essere piccoli e fragili.
Lo stile assunto da Gesù vorrebbe poter mettere ordine nelle nostre relazioni e così da competitivi divenire solidali, da astiosi pacifici, da distanti prossimi. Imparare a stimare l'altro, aiutarlo nella difficoltà, comprenderlo se sbaglia, gioire nel vederlo crescere o addirittura quando riesce a superarci perché egli mi appartiene.
Gratuità, donazione, semplicità: sono l'uscita di sicurezza dalle strettoie di un'esistenza pesantemente condizionata dalla logica del potere e dell'avere, dall'illusione dell'onnipotenza, dal disprezzo di chi nel gioco della vita risulta perdente.
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