Omelie - Il Vangelo della domenica
a cura di Antonio Savone, presbitero della diocesi di Potenza-Muro Lucano-Marsico Nuovo
Vita Pastorale (n. 8/2022)
ANNO C – 21 agosto 2022
XXI Domenica del Tempo ordinario
Isaia 66,18b-21 • Salmo 116 • Ebrei 12,5-7.11-13 • Luca 13,22-30
(Visualizza i brani delle Letture)
XXI Domenica del Tempo ordinario
Isaia 66,18b-21 • Salmo 116 • Ebrei 12,5-7.11-13 • Luca 13,22-30
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DIO NON È APPANNAGGIO PER POCHI
Una nota di universalità attraversa la liturgia di questa domenica. Dio allarga continuamente gli orizzonti, sposta i confini perché tutti possano accedere alla sua stessa vita e al compimento della propria esistenza. Questo, infatti, è ciò che intendiamo quando parliamo di "salvezza": raggiungere ciò per cui sono stato pensato dall'eternità, raggiungere Dio che mi ha voluto membro di diritto della comunione con lui.
Che bello sentirsi annunciare che «anche fra di loro mi sceglierò leviti e sacerdoti»! Non esistono privilegiati che possano accampare primogeniture. Dio non è appannaggio per pochi o esclusiva di alcuni: tutti sono chiamati al suo Regno e alla sua mensa. E Dio vorrebbe che quelli che hanno avuto la fortuna di conoscerlo sin da principio, partecipino della larghezza del suo desiderio, non già dell'angustia del calcolo di chi si accontenta di sapere se egli è dentro o fuori, ammesso o escluso.
Il cammino del figlio di Dio verso Gerusalemme non ha come approdo la rivincita di pochi eletti che finalmente hanno la meglio su altri. Lì, sul Golgota, il Figlio consegnerà la sua vita tanto per i chiamati della prima ora quanto per il compagno di crocifissione salvato in extremis. La meta non è l'affermazione di un certo modo di vedere le cose su un altro. La meta, infatti, è che tutti, nessuno escluso, possano godere appieno di ciò che Dio ha preparato per i suoi figli, giusti e peccatori. E questo è già stato acquistato dal figlio di Dio a caro prezzo, non da noi, né dalle nostre professioni di fede urlate né dalla nostra carità ostentata.
Eppure, da duemila anni a questa parte, non cessiamo di contare e di contarci. Fatichiamo a comprendere che il dono c'è già, si tratta di accoglierlo senza lasciarsi sfuggire l'occasione, si tratta, appunto, di attraversare una porta che dice la nostra disponibilità ad accogliere il dono offerto. L'ascolto della Parola («Tu hai insegnato nelle nostre piazze»), l'assiduità alla mensa eucaristica («Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza») e una vita virtuosa non sono il criterio per arrivare finalmente a conquistare Dio ma, semmai, la conseguenza di chi ha compreso cosa passa nel cuore di Dio. Il contrario ci mette fuori via.
Il criterio, infatti, è l'essere riconosciuti sulla misura che è Cristo. Il criterio è se lui si riconosce in me perché tanto nella professione della fede quanto nell'esercizio della carità, la mia esistenza espande il buon profumo di Cristo. La porta è stretta perché il passaggio è personale, non di gruppo: uno alla volta, appunto e non una volta soltanto, vissuta la quale poter essere certi di appartenere sicuramente al mucchio di chi ha guadagnato il premio.
La porta è addirittura chiusa per tutti coloro che ritengono di essere membri di diritto della casa di Dio. L'appartenenza («Voi non so di dove siete »),infatti, non si decide in base a quello che tu annunci di Dio, ma in virtù di quello che vivi di lui. Non basta essere religiosamente convinti per essere garantiti di appartenere a quelli che sono di Cristo. Chissà quanti, infatti, pur non entrando in un'anagrafe religiosa appartengono di fatto a Dio perché compiono le opere che egli desidera.
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