Omelie - Il Vangelo della domenica
a cura di Antonio Savone, presbitero della diocesi di Potenza-Muro Lucano-Marsico Nuovo
Vita Pastorale (n. 7/2022)
ANNO C – 17 luglio 2022
XVI Domenica del Tempo ordinario
Genesi 18,1-10 • Salmo 14 • Colossesi 1,24-28 • Luca 10,38-42
(Visualizza i brani delle Letture)
XVI Domenica del Tempo ordinario
Genesi 18,1-10 • Salmo 14 • Colossesi 1,24-28 • Luca 10,38-42
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C'È IL SIGNORE, E TANTO BASTA
Aveva preso la ferma decisione di dirigersi verso Gerusalemme ma, evidentemente, anche Gesù sentiva il bisogno di ritemprarsi oltre che nella relazione con il Padre suo, anche nel rapporto con i suoi amici. A volte, il ristoro non è tanto frequentare un luogo quanto celebrare la gioia di una relazione, vero rifugio tra le incomprensioni registrate altrove.
A ospitare il Signore è una donna di nome Marta: ella è capace di aprire la porta di casa e permettergli di entrare; tuttavia, a cogliere la preziosità dell'occasione è la sorella, Maria. È come se Marta non riesca ad andare oltre una prima accoglienza: quando si tratta, infatti, di non mettere a disposizione dell'altro delle cose ma il cuore, la propria presenza, qualcos'altro finisce per avere la meglio. E così l'iniziale investimento non ha tenuto di fronte alla fatica della relazione. Può accadere di ospitare il Signore e lasciarlo in un angolo dimenticandolo, come se all'interno di un rapporto basti l'entusiasmo iniziale e non la fedeltà dell'impegno quotidiano. Marta non manca di generosità ma ha un difetto, l'incostanza, quella dei rapporti che intratteniamo in particolari momenti circoscritti all'opportunità di condividere un comune interesse.
Maria, invece, incarna e traduce la capacità di perseverare nell'amore, non ha sbalzi di umore, per questo si siede e presta ascolto: al centro c'è Gesù e ciò che egli vuol condividere, non io con ciò che ho da fare. Maria non è tanto una donna che ascolta, ma una donna fatta ascolto. Se a gestire Marta è la dispersione delle mille cose da fare tanto da farla da padrone, Signore della vita di Maria, invece, è solo il Signore: c'è lui e tanto basta.
A ronzare attorno a Maria è l'agitazione della sorella, ma questo non diventa per lei motivo per perdere di vista l'essenziale. Il guaio di Marta, però, non è soltanto il non prendersi cura di ciò che sta a cuore al Signore ma il volere che sua sorella prenda le distanze dal Maestro per dedicarsi alle sue stesse cose: il suo fare è prioritario rispetto alla presenza stessa dell'ospite. Accade, perciò, qualcosa che neppure lei, avrebbe immaginato: finisce per rimproverare l'ospite perché non si è accorto del suo reale bisogno. A perdere tempo, secondo Marta, non è solo la sorella ma il Signore stesso: ci sarebbe qualcosa di più utile e fruttuoso del dialogo che essi stanno intrattenendo. Marta finisce, così, per impartire lezioni anche al figlio di Dio, chiedendogli di obbedire alle sue pretese: «Dille, dunque, che mi aiuti».
Marta vive il rapporto con l'altro che visita la sua casa come uno a cui elargire la sua generosità, non riesce affatto a pensare che quella presenza è capace di dischiudere per lei un senso nuovo ai suoi ritmi affannati. Per questo si rifugia in un' "autodifesa operativa". Maria, da parte sua, riconosce che in quella visita c'è altro, ben altro.
Il frutto vero dell'ascolto lo si coglie in Maria, che non replica agli sproloqui di Marta, lasciando che sia il Signore stesso a prendere le sue difese mentre ridimensiona i vaneggiamenti della sorella. Maria si rimette al Signore e lascia che intervenga nei modi e nei tempi opportuni.
Fare le cose per lui o con lui?
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