III Domenica del Tempo ordinario (C)




Omelie - Il Vangelo della domenica
a cura di Antonio Savone, presbitero della diocesi di Potenza-Muro Lucano-Marsico Nuovo
Vita Pastorale (n. 1/2022)


ANNO C – 23 gennaio 2022
III Domenica del Tempo ordinario

Neemìa 8,2-4.5-6.8-10 • Salmo 18 • 1 Corinzi 12,12-30 • Luca 1,1-4; 4,14-21
(Visualizza i brani delle Letture)

DIO STA DALLA PARTE DELL'UOMO

Erano andati, come ogni sabato, in quella sinagoga i nazaretani. Mai più avrebbero immaginato che parole ripetute per secoli potessero essere attualizzate come quel giorno grazie a Gesù, uno di loro, eppure il Figlio di Dio. Sapevano bene chi era.
Quel giorno, le parole di un testo tanto antico, sembravano appena pronunciate e pronte a essere portate a compimento proprio come un vecchio spartito musicale nelle mani di chi riesce a darne la giusta interpretazione quasi fosse l'autore stesso. Non poteva essere diversamente: quell'uomo che avevano davanti non era solo il figlio di Giuseppe e di Maria, era l'autore stesso di quella parola, era il Figlio di Dio, era la Parola che proclamavano e commentavano.
Immagino il fiato sospeso allorquando, dopo aver letto il rotolo del profeta Isaia, lo riavvolse, lo diede all'inserviente e si mise a sedere. Ed eccolo annunciare non anzitutto ciò che Dio chiede all'uomo,ma ciò che egli compie in suo favore.
Gesù annuncia da che parte sta Dio. Immediatamente verrebbe da dire che Dio sta da una parte e non da un'altra. Ma questo è frutto del nostro modo manicheo di stare al mondo. Gesù afferma che Dio, attraverso di lui, sceglie di stare dalla parte dell'uomo che conosce sulla sua pelle l'amara esperienza dell'abiezione scelta o subìta. Nessuno escluso.
Il miglior commento a quanto stiamo dicendo ce lo consegna l'apostolo Paolo, allorquando parla delle membra più deboli del corpo. Parafrasando potremmo dire che Dio, in Gesù Cristo, ha conferito maggiore onore a ciò che non ne ha. Ha circondato di maggior rispetto tutto ciò che per noi non sembra affatto onorevole, facendoci comprendere così che proprio ciò che porta in sé il carattere di debolezza è, in realtà, ciò di cui più abbiamo bisogno. Non si era mai sentito nulla di simile.
Dalla parte dell'uomo, Dio. Quale uomo, infatti, non ha mai fatto esperienza della propria miseria? Chi non ha mai fatto esperienza del bisogno di essere svincolato da qualcosa che opprime e soffoca? Chi non si ritrova con i piedi impossibilitati a correre lungo la traiettoria del Vangelo? Chi può dire di avere una lettura del reale così com'è e non come, invece, i nostri pregiudizi ce lo restituiscono?
Dalla parte dell'uomo, Dio. Non è detto, però, che l'uomo accetti di stare a contatto con il volto più vero della sua umanità, quello del limite riconosciuto e accolto. Meccanismi di rimozione e di presa di distanza dalla propria percentuale di vulnerabilità, sono sempre a portata di mano nella convinzione di poter vantare chissà quale pedigree di immacolatezza.
Dalla parte dell'uomo, Dio. Non potrebbe essere diversamente: lui, misericordia infinita, si compiace di riversare tutta la grandezza del suo amore proprio su chi ha smarrito la sua identità più vera.
Ecco da dove nasce la possibilità di una speranza nuova:dal sapere che Dio ha scelto di avvicinarsi a me e alla mia condizione non per lasciarmi come mi trova, ma per mettere in movimento energie e possibilità altrimenti rimaste sconosciute a me stesso. Sappiamo tutti la valenza che ha il sapere di essere amati così. Lasciarsi ingaggiare da Dio in questo modo:ecco la sfida sempre rinnovata e mai del tutto conclusa.


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