II Domenica del Tempo ordinario (C)




Omelie - Il Vangelo della domenica
a cura di Antonio Savone, presbitero della diocesi di Potenza-Muro Lucano-Marsico Nuovo
Vita Pastorale (n. 1/2022)


ANNO C – 16 gennaio 2022
II Domenica del Tempo ordinario

Isaia 62,1-5 • Salmo 95 • 1 Corinzi 12,4-11 • Giovanni 2,1-11
(Visualizza i brani delle Letture)

«QUALSIASI COSA VI DICA, FATELA!»

La Scrittura è tutta attraversata dal linguaggio amoroso che conosce gli accenti dell'intimità e i tratti della gelosia, l'esperienza della sponsalità e l'invito all'abbandono fiducioso. Dio non è mai venuto meno al progetto di gioire per questa nostra umanità:«Come gioisce lo sposo per la sposa, così il tuo Dio gioirà per te». Molte volte e in diversi modi egli ha offerto la sua alleanza, ma è in Gesù Cristo che la promessa diventa realtà.
La nostra è la vicenda di una sposa chiamata a celebrare le nozze non con uno qualsiasi e neppure con chissà quale principe della più fantasiosa delle fiabe. Le mie nozze sono con lo stesso Figlio di Dio, Dio egli stesso. Tale e tanto è il suo amore per me che si è spinto persino ad assumere la mia stessa condizione. Si dice che l'amore o trova o rende simili. E Dio, in Gesù, ha voluto rendersi in tutto simile a noi, eccetto il peccato. Sebbene più e più volte io non sia stato in grado di ripagarlo se non con l'infedeltà, egli non cessa di scegliere me: «Al re piacerà la tua bellezza». Qualunque cosa accada, non cesserò di piacergli.
La vivacità della sua passione e la concretezza del suo amore troveranno la celebrazione più vera nella croce, quando, pur di non venir meno alla sua offerta di alleanza, preferirà morire piuttosto che rinnegarmi e tradirmi.
Il Battista aveva annunciato Gesù come lo sposo e aveva pensato sé stesso come l'amico dello sposo. A Cana, perciò, più che la festa di nozze di due giovani sposi, si celebra finalmente quella tra Dio e l'umanità. E questo per l'intervento di Maria che, con la sua capacità di lettura, presenta al Figlio il dramma in cui versa l'umanità:«Non hanno vino».
Non ci manca il necessario, ci manca la scioltezza di quando, alzando un po' il gomito, forse, abbiamo bevuto un bicchiere in più di vino e ci siamo abbandonati alla verità di quello che di più vero sentiamo. In vino veritas, appunto!
È Maria che con il suo intervento affretta l'ora in cui, finalmente, il Figlio manifesterà fino a che punto siamo amati e fino a che punto egli è disposto a mettersi in gioco con noi: nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia.
Gesù non vi prende parte da invitato ma da Sposo introdotto da Maria,che esprime tutta la sua fiducia mentre consiglia ai servi: «Qualsiasi cosa vi dica,fatela!». È uno sposo di cui ci si può fidare perché degno di fede. Per celebrare le sue nozze con la nostra umanità, lo Sposo necessita di ciò di cui disponiamo: la nostra acqua. È necessario mettergliela a disposizione perché, con la forza della sua parola e la potenza della nostra fede, essa venga trasformata nel vino che rallegra il cuore dell'uomo.
«L'acqua unita al vino sia segno della nostra unione con la vita divina di colui che ha voluto assumere la nostra natura umana». Così prega il sacerdote durante l'offertorio. Sono le parole che esprimono proprio ciò di cui Cana è stata un segno e un anticipo. Nella vita di ognuno di noi è presente il Signore proprio come a Cana di Galilea ma, talvolta, egli è relegato ai margini e noi ci trasciniamo senza alcun entusiasmo, senza più motivazioni. È necessario chiamarlo e presentargli l'irremovibilità delle nostre giare vuote.


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