III Domenica di Quaresima (C)




Omelie - Il Vangelo della domenica
a cura di Antonio Savone, presbitero della diocesi di Potenza-Muro Lucano-Marsico Nuovo
Vita Pastorale (n. 3/2022)


ANNO C – 20 marzo 2022
III Domenica di Quaresima

Esodo 3,1-8a.13-15 • Salmo 102 • 1 Corinzi 10,1-6.10-12 • Luca 13,1-9
(Visualizza i brani delle Letture)

CONVERTIRE LA QUALITÀ DELLA VITA

Come stare di fronte al reale quando si presenta a noi con i tratti del tragico? Davanti al male è facile farsi prendere dalla rabbia e dallo sconforto. Possiamo passare tutta la vita a chiederci perché oppure possiamo domandarci come vivere ciò che ci accade. E il come non è indifferente, un modo non vale l'altro.
Un ragazzo di cui di lì a poco avrei celebrato i funerali, scriveva così su Facebook pochi giorni prima della sua morte: «Il problema non è il tuo problema, ma il tuo atteggiamento rispetto al problema. Comprendi?». Peccato abbia scelto, poi, un modo di affrontarlo non condivisibile.
In simili frangenti è pressoché naturale e, forse, anche facile far salire sul banco degli imputati Dio. Dio, in tal caso, rappresenta una sorta di ultima spiaggia per rompere il silenzio di fronte a ciò che non trova alcuna spiegazione.
Gesù suggerisce tutt'altro approccio: interrogarci, con tutta umiltà, su ciò a cui abbiamo ancorato la nostra vita. Quando il tragico incombe, le nostre parole battono l'aria: solo il Signore ha parole di vita eterna, non le nostre. Solo Dio può dire qualcosa perché solo la sua Parola è lampada ai nostri passi. Solo questa luce ci aiuta a vedere quello che di solito sfugge al nostro sguardo e alla nostra comprensione. Guai a entrare nel mistero della morte da soli: ci smarriremmo. Solo accompagnati da lui possiamo comprendere che morte, vita, presente, avvenire sono nelle sue mani.
Aiutati da Gesù, scopriamo che dietro non pochi eventi calamitosi non c'è un Dio che si diverte a distribuire la giusta razione di male: c'è piuttosto la mano allungata dell'uomo che si lascia andare alla violenza (vedi Pilato) o il profitto perpetrato a discapito della sicurezza come nel caso della torre crollata. Proprio gli eventi come accadono, chiedono una diversa lettura perché si vada oltre un approccio tanto sommario quanto dozzinale che miri a individuare eventuali responsabili senza giungere, però, a mutare atteggiamento. È necessario lasciar parlare la storia e imparare a "pensare-oltre", come suggerisce l'etimologia greca del vocabolo conversione. Quant'è importante, per Gesù è addirittura vitale, imparare a "pensare-oltre", a non lasciare, cioè, che gli eventi, le situazioni ci scivolino addosso!
A salvarci non è la chiacchiera sulla cronaca o le discettazioni che continuiamo a fare su una pandemia. Per sfuggire alla tragica vulnerabilità della vita è necessario convertire la qualità della vita stessa. Imparare, appunto, a "pensare-oltre" se davvero vogliamo evitare il ripetersi di certe sciagure.
Il tempo che ci è dato - ci ricorda la parabola del fico - è tempo offerto per accorgerai delle intenzioni di Dio nei nostri riguardi. E questo ciò che può fare la differenza, e finché non accade questo, è dietro l'angolo il rischio che la mia sia un'esistenza improduttiva, proprio come il fico di cui narra il Vangelo. E, tuttavia, proprio la parabola del fico ci ricorda di come Dio non si lasci mai prendere dalla fretta di giudicare e di condannare. Per accogliere la dilazione offerta da Dio è necessario zappare e concimare: ritrovare le radici per liberarle da ciò che le soffoca e individuare ciò che può assicurare la fecondità.


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