III Domenica di Pasqua (C)




Omelie - Il Vangelo della domenica
a cura di Antonio Savone, presbitero della diocesi di Potenza-Muro Lucano-Marsico Nuovo
Vita Pastorale (n. 5/2022)


ANNO C – 1° maggio 2022
III Domenica di Pasqua

Atti 5,27b-32.40b-41 • Salmo 29 • Apocalisse 5,11-14 • Giovanni 21,1-19
(Visualizza i brani delle Letture)


BISOGNOSI DELLA MISERICORDIA DEL SIGNORE

Quanta fatica a misurarsi con la luce della risurrezione! Sette dei Dodici vivono l'incertezza propria di chi si ritrova smarrito e chi era stato scelto per confermare i fratelli, patisce egli stesso il peso della dispersione. Il suo «io vado a pescare» suona come il riconoscimento amaro del fallimento, «meglio lasciar perdere». Chi avrebbe dovuto osare parole di speranza genera sconforto e delusione.
La debolezza non risparmia nessuno, neppure chi è costituito in autorità su altri. Tuttavia, i nostri limiti personali ci ricordano quanto siamo continuamente bisognosi della misericordia del Signore, la stessa che siamo chiamati a usare nei confronti di quanti ci sono affidati.
«Veniamo anche noi con te», gridano gli altri sei, quasi a riconoscere: «Non siamo fatti per altri lidi, meglio tornare al nido delle nostre occupazioni. Ci siamo illusi. Rassegniamoci, non c'è nulla da fare». Eppure Gesù li aveva chiamati per altro, per non restare schiacciati sotto il piccolo cabotaggio di chi si accontenta di arrivare ogni giorno a sera e poi ricominciare senza sbocco alcuno. Chiamati a mettere i passi verso il futuro, con Pietro ripiegano verso il passato. Quanto è difficile riconoscere ciò che è bene per noi quando, tentati dal disincanto, ripieghiamo verso l'accettazione passiva dello status quo!
«Ma quella notte non presero nulla».
A delusione si aggiunge delusione, come se non fosse bastata quella di una sequela abortita. Eppure, come già era accaduto per la risurrezione, il fallimento diventa il tempo per una fecondità insperata. Lì, infatti, Gesù si rende presente: egli è l'unico a rendersi presente quando ogni altra speranza è svanita.
C'è Gesù: questo è il grido che deve affiorare sulle nostre labbra quando restiamo soli perché a nessuno interessa più la nostra presenza.
C'è Gesù, quando il quotidiano sembra restituirci solo il ritmo noioso del passare del tempo.
C'è Gesù, quando ci misuriamo con l'incapacità di un amore vero. C'è Gesù, quando la malattia sembra avere la meglio sulla vita.
C'è Gesù: questo siamo chiamati a ripeterci l'un l'altro quando non riusciamo a leggere con obiettività quello che ci accade.
«Avete qualcosa da mangiare?».
C'è qualcosa che vi nutre e vi alimenta davvero? La Pasqua ci ricorda che tutto comincia proprio quando tutto sembra svanire, ma perché questo possa accadere è necessario accogliere ciò che la presenza di Gesù ci suggerisce. Per uscire da questa impasse non è sufficiente che il Signore ci sia, ma che sia riconosciuto e accolto mediante la fiducia. Ritorna pure alle tue occupazioni ma con un altro atteggiamento. Se questo accade, la fiducia accordata diventa fede: «È il Signore!».
È necessario cambiare lato, oltre il "si è sempre fatto così". A Pietro non rivolge alcuna richiesta di giuramento o di promessa, non la perfezione, nessun curriculum o rassicurazione. Solo una domanda: «Mi ami?». Perché quando non ami, non stai pescando dalla parte giusta della vita. Se avrai imparato ad amare scoprirai perché restare fedele a chi e a ciò che hai scelto. Se avrai imparato ad amare troverai anche gli atteggiamenti giusti.
«Pasci i miei agnelli». Nutri i più piccoli con lo stesso amore con cui io nutro te.


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