II Domenica di Pasqua (C)




Omelie - Il Vangelo della domenica
a cura di Antonio Savone, presbitero della diocesi di Potenza-Muro Lucano-Marsico Nuovo
Vita Pastorale (n. 4/2022)


ANNO C – 24 aprile 2022
II Domenica di Pasqua

Atti 5,12-16 • Salmo 117 • Apocalisse 1,9-11a.12-13.17-19 • Giovanni 20,19-31
(Visualizza i brani delle Letture)

CON GLI OCCHI DELLA FEDE

Ciascuno di noi porta nel cuore la segreta convinzione che alcune situazioni debbano andare necessariamente in un certo modo, quasi non si possa nulla circa l'ineluttabilità di certi eventi.
Eppure, il mattino di Pasqua, qualcosa interruppe questo meccanismo, secondo il quale non si poteva fare altro che imbalsamare un morto.
Maria di Magdala va a cercare il corpo di chi le aveva ridato la dignità di poter ricominciare a vivere, ma invano, il sepolcro è vuoto. Così Pietro, così Giovanni: si misurano con qualcosa che ha preso tutt'altro corso rispetto al dovuto.
Chi ha portato via il corpo dell'uomo crocifisso? Come ha potuto rimuovere un masso così pesante? E quelle bende? E il sudario?
Se leggiamo le cose solo con gli occhi del nostro corpo, non riusciamo a darcene una spiegazione. Abbiamo bisogno, invece, di guardarle aiutati dalla luce di ciò che Gesù aveva promesso: «Il Figlio dell'uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno, ma il terzo giorno risusciterà» (Mc 9,31). I fatti sono andati in un certo modo, ma la potenza del Signore ha fatto sì che essi conoscessero un altro sbocco che va oltre quello che riusciamo a registrare.
Gli apostoli hanno rimosso quella parola, proprio come accade a noi quando un evento luttuoso finisce per ottundere la mente e raggelare il cuore. Fosse dipeso da loro - fosse dipeso da noi - le cose avrebbero dovuto avere tutt'altro corso, perché quel Gesù potesse ancora risultare credibile. Per loro come per noi è incomprensibile una fine come quella.
Proprio la loro cecità e la loro tristezza sono lì a ricordare che la vita non può essere letta solo come una cronaca di eventi contraddittori e scomposti. Gli occhi della fede sono gli unici in grado di riconoscere che certi macigni possono essere rimossi. Gli occhi della fede sono quelli capaci di intravvedere Dio stesso all'opera nella vita di tante persone.
Senza questi occhi continuiamo a usare soltanto pietre sepolcrali dietro le quali seppellire persone, speranze, futuro e forse anche noi stessi. Senza gli occhi della fede, le relazioni si nutrono di discordie, di egoismi, di incomunicabilità, di barriere e divisioni di ogni genere. Senza gli occhi della fede, la vita è un lento e progressivo irrigidimento verso tutti.
Sta a noi scegliere se vogliamo continuare a vivere nel sepolcro e a tenere vivo soltanto il culto delle cose morte perché passate.
Perché sia Pasqua non basta celebrare in chiesa una solenne liturgia mentre continuiamo, per scelta, a restare appesi alla croce del nostro immobilismo o a tenervi appesi coloro dai quali abbiamo distolto lo sguardo e il cuore.
Stupito, Fabrizio De André cantava: «Nella pietà che non cede al rancore, madre, ho imparato l'amore».
Abbiamo tutti bisogno di rimodellare la vita e i nostri rapporti alla luce della Pasqua.
Siamo figli della Pasqua se già ora, già qui anticipiamo qualcosa di ciò che vivremo in pienezza alla fine della storia.
Se siamo disposti a ridare speranza a chi l'ha perduta, si rinnova il miracolo della Risurrezione e della pietra rimossa dal sepolcro.
Il Risorto è all'opera ogni volta che qualcuno di noi sceglie di alimentare la fiamma tremula di una vita in pericolo.


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