Domenica di Pasqua (C)




Omelie - Il Vangelo della domenica
a cura di Antonio Savone, presbitero della diocesi di Potenza-Muro Lucano-Marsico Nuovo
Vita Pastorale (n. 4/2022)


ANNO C – 17 aprile 2022
Domenica di Pasqua

Atti 10,34a.37-43 • Sal 117 • Colossesi 3,1-4 [1Corinzi 5,6-8] • Giovanni 20,1-9
(Visualizza i brani delle Letture)

PIÙ GIOIOSI NELLA PASQUA DEL SIGNORE

A rileggere la nostra vita registriamo non pochi motivi per accostarla a una sorta di via crucis in cui una condanna ingiusta e tante cadute hanno finito, forse, per farci concludere che meglio sarebbe la morte.
E, invece, no. Non è così. Questa notte ci ricorda che la morte può trattenerci per un momento, ma il Signore ci assicura che essa è soltanto il passaggio necessario attraverso cui è dato di accedere a lui proprio come attraverso le doglie del parto abbiamo avuto la grazia di gustare la luce e godere della vita terrena.
Poiché non siamo attrezzati a far fronte a questo passaggio finiamo per soccombere ancor prima. Tanta vita cristiana si arresta al Venerdì santo o, al massimo,al Sabato santo:si arresta, cioè, all'evidenza dei fatti. Tutto ciò che c'è oltre non è preso per nulla in considerazione solo perché sfugge alla presa della nostra comprensione. Con una certa ragione Nietzsche rimproverava ai cristiani di non essere testimoni di una visione positiva dell'uomo: «I cristiani dovrebbero cantarmi canti migliori perché io impari a credere al loro redentore: più gioiosi dovrebbero sembrarmi i suoi discepoli!».
Ora, se è vero che ci portiamo la notte nel cuore e, forse, il nostro dolore fatica a sopportare la luce, è altrettanto vero che l'amore è più grande di ogni dolore. Le donne di cui ci narra il Vangelo fanno appello proprio al loro amore senza lasciarsi impietrire dalla perdita di cui pure sentono viva la mancanza. Abbiamo bisogno di apprendere da loro cosa significhi "fare Pasqua".
«Quand'è Pasqua quest'anno?», ci chiediamo solitamente. Trovo molto singolare il fatto che la Pasqua, a differenza del Natale, sia una festa mobile quasi a significare che essa non può ridursi alla odierna ricorrenza annuale. Facciamo Pasqua quando abbiamo ritrovato la voglia di ricominciare, di riprendere a camminare.
Facciamo Pasqua quando non smettiamo di credere che le cose possano cambiare e ci adoperiamo perché questo avvenga senza attendere soluzioni dall'alto.
Facciamo Pasqua quando non è la tristezza ad avere la meglio su di noi, quando il rimpianto cede il posto allo spirito d'iniziativa, quando l'angoscia è vinta dalla speranza, quando la paura è superata dalla fede, quando la commiserazione è vinta dalla condivisione e al lamento viene sostituito l'impegno personale e responsabile.
Facciamo Pasqua quando abbiamo la forza di vivere la vita nuova dei figli di Dio, quando viviamo conformemente alla vocazione cui siamo chiamati.
Fare Pasqua è ciò verso cui un credente mira così da non farsi trovare impreparato all'ultimo passaggio, quando, trasformati di gloria in gloria, vedremo Dio così come egli è.
Fare Pasqua è arrivare a dire con l'apostolo Paolo: «La mia vita la vivo nella fede del Figlio di Dio che mi ha amato e ha dato sé stesso per me».
Facciamo Pasqua quando non ripieghiamo rassegnati verso il già noto, ma continuiamo a scrutare e camminare lungo i sentieri che Dio va tracciando. Chi cammina nei sentieri di Dio non è risparmiato dall'ora della prova, ma grazie all'aiuto di Dio è in grado di trasformare le difficoltà in risorse.


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