IV Domenica di Avvento (C)




Omelie - Il Vangelo della domenica
a cura di Antonio Savone, presbitero della diocesi di Potenza-Muro Lucano-Marsico Nuovo
Vita Pastorale (n. 11/2021)


ANNO C – 19 dicembre 2021
IV Domenica di Avvento

Michea 5,1-4a • Salmo 79 • Ebrei 10,5-10 • Luca 1,39-45
(Visualizza i brani delle Letture)

L'ARTE DELLO STUPORE

L'incontro tra Maria ed Elisabetta nella casa di Ayn Karim è un'icona di come vivere il Natale ormai alle porte.
Due donne, segno per eccellenza dell'impossibilità umana (una, vergine, l'altra, sterile), insegnano l'arte dello stupore. La vita è sempre oltre ciò che riusciamo a immaginarci, spunta sempre in modo straordinario, perché la sua sorgente non è in noi ma nel Signore. Non tutto è racchiuso soltanto in un ordine biologico del tipo: posta una causa si avrà senz'altro un certo effetto. Dio può far sorgere figli di Abramo anche dalle pietre. Per questo non possiamo mai abdicare al delicato compito di tenere viva la speranza. C'è un Dio ancora all'opera che, in maniera paziente e misteriosa, tesse e ritesse la nostra storia, mentre continua a renderla grembo fecondo.
Da Maria apprendiamo che accogliere la parola di Dio vuol dire lasciarsi trasformare, lasciarsi sorprendere, accogliere la sfida di un percorso e l'incognita di un incontro. Nulla di nuovo accade se non per un atto di fede. Ma questo, quando è vero, si declina sempre attraverso la carità di un servizio. Appena l'angelo lasciò la casa di Nazaret, infatti, Luca annota che «Maria si alzò e si mise in cammino». Un percorso di oltre tre giorni di cammino!
Quando Dio parla all'uomo, il segno più vero che la sua parola è stata accolta è proprio l'alzarsi, la sollecitudine verso chi ci è affidato, il darsi una meta, l'intraprendere percorsi, la prontezza nel mettersi in gioco, la fiducia che ciò che si è acceso nel nostro cuore può giungere a compimento solo se siamo in grado di inventare sentieri nuovi.
Chi ascolta sul serio la parola di Dio si ritrova tra le mani un "impegno vivace": la disponibilità a condividere l'esperienza della strada. Chi dice "eccomi" all'annuncio di Dio, si ritrova catapultato lungo i sentieri che portano dove qualcuno attende la condivisione di ciò che il Signore ha operato nel proprio cuore.
Elisabetta non tarda a riconoscere che sebbene Dio abbia scelto strade inconsuete per venire incontro all'uomo, Maria non è rimasta sorpresa di fronte alla fantasia del suo amore: «Beata te che hai creduto!».
Così, se da Maria apprendiamo l'arte dell'alzarsi e dell'incamminarsi, da Elisabetta apprendiamo quella non meno facile di riconoscere e di benedire. Quanto ci è difficile riconoscere che Dio operi nella vita delle persone e che, verosimilmente, operi in modo diverso rispetto a quello che compie in noi! Riconoscere: ovvero, non dare per scontato, mettere in luce, portar fuori, promuovere.
Elisabetta insegna l'arte di benedire gli aspetti più piccoli di ogni nostra esistenza, perché essi sono il tramite mediante il quale Dio chiede di entrare, ancora una volta, nella nostra storia.
La liturgia ci consegna due punti prospettici da cui accostare il mistero santo di Dio: un luogo, Betlemme, e due donne. Il primo è la cifra della marginalità e dell'irrilevanza che Dio prende a prestito per venire in mezzo a noi. Il secondo è quello della impossibilità, una vergine e una sterile. E noi in mezzo, a decidere se accogliere o meno che Dio venga per la via dell'umanamente irrilevante e per quella dell'umanamente impossibile.


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