III Domenica di Avvento (C)




Omelie - Il Vangelo della domenica
a cura di Antonio Savone, presbitero della diocesi di Potenza-Muro Lucano-Marsico Nuovo
Vita Pastorale (n. 11/2021)


ANNO C – 12 dicembre 2021
III Domenica di Avvento

Sofonia 3,14-17 • Salmo Is 12,2-6 • Filippesi 4,4-7 • Luca 3,10-18
(Visualizza i brani delle Letture)

FAI IL BENE E FALLO BENE

Si respirava un clima di cambiamento, si desiderava smettere di dare per scontata ogni cosa. Non si spiegherebbe altrimenti l'accorrere di tanti lungo le rive del Giordano lasciandosi alle spalle le risposte solite dei maestri della città.
«Che cosa dobbiamo fare?». Chi si aspetterebbe indicazioni impossibili da realizzare (una santità che vola alto!), resta non poco sconcertato a fronte dei suggerimenti dati da Giovanni: prendile distanze da tutto ciò che disumanizza rapporti e incarichi, mestieri e situazioni. Fai il bene e fallo bene.
Comprende a pieno ciò che Dio desidera chi non abdica mai a quell'umanesimo elementare che in ogni frangente dell'esistenza ha a cuore la dignità dell'altro, fa di tutto per salvaguardare il vincolo di fraternità e di amicizia, non scade mai in atteggiamenti prevaricatori,non si serve della sua condizione per umiliare chi è sottoposto e, soprattutto, non fascialo del limite altrui e non approfitta della fragilità di chi ha accanto. Forse pensiamo alla conversione come un improbabile percorso ascetico, per compiere il quale sia necessario prendere le distanze da tutto e da tutti.
Quando gli impegni si fanno più cogenti e l'acqua ci stringe alla gola, è naturale voler lasciare che la giostra del mondo faccia il suo corso. In simili frangenti tutto è percepito come un terribile incidente di percorso e un'inutile zavorra. Perché imparare a gestire istinti e pulsioni? Perché impegnarsi nella vita sociale? Perché questo mio limite? Che bello sarebbe prendere congedo dalle cose di questo mondo, lasciando che a occuparsene sia chi ne ha la stoffa, non certo io!
Stando a quello che il Battista suggerisce, non sembra sia questa la strada da percorrere: la soluzione, infatti, non è il rinunciare a essere uomini e donne. Non è neppure nel diventare simili a lui, ritirandosi nel deserto e rivestendosi di peli di cammello. Quella è stata la sua vocazione particolare e unica, ma non la mia.
Age quod agis, avrebbero detto i latini. Sii fedele al qui e ora della tua storia.
A salvarci non è un rito di purificazione (andavano da lui per farsi battezzare) e neppure l'appartenenza a un popolo, fosse pure quello eletto. A che serve, infatti, affogare nell'acqua del Giordano quel male che poi non è bandito nelle relazioni? A che serve vantarsi di avere Abramo per padre, se poi la vita dei figli non ne incarna la somiglianza?
A salvarci è solo un cuore che aprendosi si lascia spezzare. Il rito compiuto e l'appartenenza al popolo eletto si inverano solo quando si traducono in opere di misericordia, nell'avere un cuore capace di compassione. Hai da mangiare e davanti a te hai uno il cui stomaco borbotta per la fame? Condividi il tuo pane. Disponi di vestiti in più e davanti a te c'è uno che non ha di che coprirsi? Ridona dignità e bellezza a chi l'ha persa. Accontentati di quello che ricevi, non estorcere il di più.
Ti sembra poco? Eppure, pare proprio sia quello che meno riusciamo a compiere. Condividere, accontentarsi, non maltrattare: tre semplici indicazioni per restare umani.
La vita di tutti i giorni diventa così il luogo in cui incarnare uno stile evangelico, possibile a chiunque, a qualsiasi categoria appartenga.


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