XXV Domenica del Tempo ordinario (B)




Omelie - Il Vangelo della domenica
a cura di Antonio Savone, presbitero della diocesi di Potenza-Muro Lucano-Marsico Nuovo
Vita Pastorale (n. 8/2021)


ANNO B – 19 settembre 2021
XXV Domenica del Tempo ordinario

Sapienza 2,12.17-20 • Salmo 53 • Giacomo 3,16-4,3 • Marco 9,30-37
(Visualizza i brani delle Letture)

PRENDERSI CURA DELLA FRAGILITÀ DELL'ALTRO

Un vero e proprio abisso separa il Signore dai suoi: pur percorrendo la medesima strada i pensieri sono quanto mai divergenti. Eppure, pur trovandosi con uomini che faticano a comprenderlo, Gesù non recede dall'incamminarsi verso quella esperienza che sancirà il dono della sua vita anche per loro.
Ciò che abita il cuore di Gesù è la consapevolezza di ciò che lo attende e per questo mette a parte di una simile prospettiva chi ha deciso di stargli dietro.
Non c'è amore senza consegna, non c'è vita senza dono. E la consegna non dipende mai dal valere o meno la pena, ma dal tuo non venir meno al sentimento che dici di provare per l'altro.
Prima ancora che un modo di morire, Gesù ha scelto un modo di vivere. La croce non sarà il motivo ma l'occasione per inverare quello che già prima il Signore ha scelto di vivere. I discepoli - e noi con loro - faticano a comprendere: noi volentieri ci consegniamo se e quando ci sono braccia disposte ad accoglierci, altrimenti non tardiamo a vivere una sorta di part-time dell'affidamento tanto da interromperlo fino a mettere in discussione l'amore che pure un tempo ci si era dichiarati.
Perché è necessario attraversare la strettoia della croce? Perché solo il non trattenersi nell'offerta porta a compimento ciò che io sono. A ragione padre Pio amava ripetere: «Tutti vengono qua per farsi togliere la croce, nessuno per imparare a portarla». I discepoli, però, non solo faticano a comprendere ma, bloccati dalla paura di mostrarsi nella loro fragilità, non riescono neppure a chiedere spiegazioni. Proprio questa difficoltà finisce per convincerli di essere sulla strada giusta e perciò continuare imperterriti nelle loro convinzioni.
Al Maestro che è sintonizzato sulla lunghezza d'onda del dono di sé, fa riscontro il loro atteggiamento che, invece, persegue la logica del disporre dell'esistenza altrui. Un vero e proprio fallimento, si direbbe. Tuttavia, proprio in questa esperienza di incomprensione, si dispiega lo stile del Signore, che accetta di morire già ora al suo desiderio di vedere che ciò che annuncia sia compreso.
E, infatti, cosa fa? Non recrimina, non si scandalizza per la loro fragilità, ma con infinita pazienza prova a risanare il divario dell'incomprensione stabilendo una nuova unità di misura. Anche in questo frangente non è preoccupato per sé ma per loro. Vorrebbe preservarli dalla superbia che finisce per far implodere le relazioni. Finché non ci si dà altri obiettivi e non ci si prefigge altre mete, la morte del rapporto è dietro l'angolo.
A mettere in discussione l'atteggiamento di chi prevarica non è l'uso dello stesso linguaggio, ma l'amore rinnovato in modo gratuito.
Cosa sta dicendo attraverso il bambino posto nel mezzo? Solo se resti come lui nessuno avrà paura di avvicinarsi a te e di manifestarti il suo amore e la sua accoglienza. Il fatto che Gesù metta al centro il bambino è lì a ricordare che la grandezza di una persona si misura nella capacità di prendersi cura della fragilità dell'altro: primi sì, ma nella custodia, primi sì, ma nell'attenzione, primi sì, ma nell'accoglienza. Potresti far la voce grossa con un bambino? Potresti competere con lui?


--------------------
torna su
torna all'indice
home