XXIII Domenica del Tempo ordinario (B)




Omelie - Il Vangelo della domenica
a cura di Antonio Savone, presbitero della diocesi di Potenza-Muro Lucano-Marsico Nuovo
Vita Pastorale (n. 8/2021)


ANNO B – 5 settembre 2021
XXIII Domenica del Tempo ordinario

Isaia 35,4-7 • Salmo 145 • Giacomo 2,1-5 • Marco 7,31-37
(Visualizza i brani delle Letture)

NON ESSERE IL CARCERIERE DI TE STESSO!

Come ci rilegge la condizione del sordomuto del Vangelo! Forse che non abbiamo anche noi, talvolta, una vita accartocciata su sé stessa o non abbiamo chiuso da tempo l'orecchio del cuore tanto da essere impermeabile a qualsiasi sollecitazione?
È davvero lieta notizia sapere che Dio osi mettersi sui nostri passi, raggiungerci nei territori della nostra lontananza e donarci quanto da soli non saremmo neppure in grado di chiedere o di sperare.
Gesù ci avvicina là dove siamo rivelandoci che Dio:
– è amore che fa sua la tua condizione;
– è grazia che ti tocca;
– è mano tesa perché tu possa essere liberato da tutto ciò che mortifica la tua esistenza.
Dio non teme di calpestare il terreno della mia distanza. Proprio perché non legge l'uomo secondo la lente del peccato, non ha paura di fargli dono di una nuova possibilità di vita. Per quanto enorme sia il peso degli errori, l'uomo non è mai un appestato da cui stare lontano, ma uno di cui prendersi cura perché la sua carne ritorni a rifiorire come quando, uscita dalle mani di Dio, «era cosa molto buona».
Egli è là dove un cuore ha bisogno di essere consolato. Per questo non ha paura di varcare continuamente i confini, perché non conosce muri di divisione o spazi interdetti. La fatica del vivere per lui viene prima di ogni vincolo etnico e di ogni espressione religiosa: per questo Dio entra continuamente nelle storie visitate dal dolore.
Se è vero quello che Gesù ripeterà nell'ultima cena - «dove sono io là sarà anche il mio servo» (Gv 12,26) - dove Dio dirige i suoi passi, lì i discepoli devono imparare a muovere i loro. Dio non può restare proprietà esclusiva di un gruppo: ciò che di lui abbiamo avuto modo di conoscere va condiviso. Quante Decapoli lambiscono le nostre storie! Come approcciarle? Proprio secondo lo stile del Signore: l'altro va avvicinato con affetto, va reso prossimo con tenerezza, il suo dolore è da alleviare con cura, la sua condizione è da sollevare con amore.
Cosa sarebbe stato del sordomuto se nessuno avesse osato farsi carico della sua condizione e non lo avesse portato da Gesù? Perché Dio entri nella storia degli uomini occorrono fratelli e sorelle che facciano da tramite con il loro «eccomi». È capace di questo chi si lascia interpellare dalla vita così come accade, tutto ospitando con benevolenza e disponibilità.
Sono io quel sordomuto che, talvolta, non si accorge di ciò che gli accade attorno e che ha bisogno di qualcuno che lo aiuti a uscire dalla sua condizione. La mia difficoltà ad ascoltare, sulla lunghezza finisce per impedire la parola. Ho bisogno anch'io di lasciarmi portare in disparte lontano dal frastuono della folla perché, a tu per tu con il Signore, possa sciogliere il nodo che ho in gola. Non poche volte, infatti, per riprendere a comunicare è necessario prendere le distanze dalla "rete smagliata" di una comunicazione intermittente.
È a me che oggi viene ripetuto: Apriti!
Apriti, non restare nel chiuso delle tue fissazioni e delle tue proiezioni!
Apriti, vieni fuori dal tuo modo di leggere il mondo e gli altri credendo che sia l'unico giusto!
Apriti, non essere il carceriere di te stesso!


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