XXII Domenica del Tempo ordinario (B)




Omelie - Il Vangelo della domenica
a cura di Antonio Savone, presbitero della diocesi di Potenza-Muro Lucano-Marsico Nuovo
Vita Pastorale (n. 8/2021)


ANNO B – 29 agosto 2021
XXII Domenica del Tempo ordinario

Deuteronomio 4,1-2.6-8 • Salmo 14 • Giacomo 1,17-18.21b-22.27 • Marco 7,1-8.14-15.21-23
(Visualizza i brani delle Letture)

MANI PULITE E CUORE PURO

Poveri scribi e farisei! Avevano addirittura compiuto un viaggio per riferire l'accaduto a Gesù, ma lo avevano fatto portando già la sentenza: i discepoli avevano violato la Legge. Non c'è viaggio che tenga per chi ha già deciso da che parte stare. Pur trovandosi di fronte al Figlio di Dio, continuano ad accostare la vita solo a partire dal criterio fedeltà-infedeltà, lecito-illecito, ovviamente riletto nell'esistenza altrui, non nella propria. Credono, infatti, di essere nel giusto, ma sono incapaci di accorgersi della trave che custodiscono nel loro sguardo.
La durezza del giudizio e la convinzione di essere a posto, non permette più di leggere gli altri come fratelli, ma solo come degli inadempienti. Anzi, la spietatezza con cui sentenziano sulle vite altrui, finisce per palesare il vuoto che custodiscono nella loro. Si ritrovano così perennemente alla ricerca di un'apparenza che controbilanci la loro inconsistenza. Non accade, talvolta, di farci paladini delle più ardite battaglie proprio mentre le nostre esistenze sono in totale dissonanza con ciò che proclamiamo?
Accade, infatti, di nascondere dietro una norma le nostre insicurezze o di continuare a fare proclami per cose che non abbiamo intenzione di toccare neppure con un dito.
Accade di stabilire da noi chi è dentro e chi è fuori, in nome di una fedeltà al Vangelo di cui, proprio come scribi e farisei, ci riteniamo custodi e paladini e che abbiamo finito per dare per scontata. Eppure, la parola di Dio, non cessa di ripetere al Davide di turno che si indigna per il male che altri hanno compiuto: «Tu sei quell'uomo» (2Sam 12,7). Quanto avremmo bisogno di non far uso del diritto conferitoci dal Vangelo (cf 1Cor 9,18)!
Accade di adempiere ineccepibilmente un culto oscillando così tra la bulimia dell'ineccepibilità fine a sé stessa e l'anoressia dell'interiorità.
Accade di vantare chissà quale pedigree in base al quale concludere che in noi non c'è colpa alcuna. E, perciò, di ritenere di essere senz'altro in stato di grazia. Eppure, a voler leggere la vita di tutti gli amici di Dio, la percezione più chiara che ha sempre accompagnato la loro esistenza è stata la distanza abissale dalla grandezza di Dio. La rettitudine, prima ancora che esprimersi nella inappuntabilità dei gesti, ha il suo alveo naturale nel cuore. Per questo, l'attenzione, prima ancora che curare gli atteggiamenti, deve puntare su ciò che il cuore ospita. A nulla serve potare un albero se non si ha cura di concimare le radici. A poco serve evangelizzare i comportamenti se non si evangelizza il cuore.
L'educazione non è solo apprendere dei modi, ma far sì che il cuore sia capace di esprimere scelte convinte, sia in grado di combattere il proprio egoismo e di perseverare nella strada intrapresa, sia irremovibile contro tutto ciò che vorrebbe indurlo al male. Non basta intravvedere il bene e approvarlo: è necessario avere la forza di compierlo. E ciò è possibile solo se il Signore piega le nostre menti orgogliose e ribelli al suo disegno di amore. Per questo a chi guarda se sono pulite le mani il Signore chiede di guardare se è puro il cuore.


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