XXI Domenica del Tempo ordinario (B)




Omelie - Il Vangelo della domenica
a cura di Antonio Savone, presbitero della diocesi di Potenza-Muro Lucano-Marsico Nuovo
Vita Pastorale (n. 8/2021)


ANNO B – 22 agosto 2021
XXI Domenica del Tempo ordinario

Giosuè 24,1-2a.15-17.18b • Salmo 33 • Efesini 5,21-32 • Giovanni 6,60-68
(Visualizza i brani delle Letture)

«VUOI ANDARTENE ANCHE TU?»

E dire che era cominciato tutto così bene. La bella generosità di un ragazzo che aveva messo a disposizione il poco che aveva, aveva permesso a Gesù di prendersi cura della fame di un intero popolo. Quel gesto era stato l'occasione perché Gesù si rivelasse come l'unico in grado di saziare la nostra fame. E invece? Quel discorso diventa la causa della defezione di molti. Ma cosa c'è in quel voltargli le spalle? Delusione, malcontento? E chi resta, perché resta?
A questo punto ci si aspetterebbe che Gesù abbassi il tiro e rilanci l'offerta, ma niente: non gioca a ritrattare l'abbandono dei suoi. L'amore, quando è vero, si esprime come fedeltà al bene non già al voler compiacere l'altro a tutti i costi.
Il lungo discorso sul pane di vita è lì ad attestare che non si ha accesso a Dio se non assumendo l'umano, così com'è: è questo il cuore della nostra fede. Non sarà, forse, l'umano nei suoi aspetti di vulnerabilità la chiave per avere accesso alla vita stessa di Dio?
La durezza del linguaggio non riguardava tanto l'incomprensibilità delle parole usate da Gesù, quanto il fatto che si possa avere accesso a Dio solo se non si bypassa l'umano. È l'umano a farci indietreggiare: finché ci si trovava di fronte a un segno prodigioso, nulla da eccepire. Il problema era la pretesa avanzata da quell'uomo la cui identità era ben nota: da che mondo è mondo, l'accesso al divino si ha per altre vie di iniziazione che nulla hanno da spartire con un quotidiano di cui conosco e misuro limiti e possibilità. È lì che fa capolino la crisi, a Cafarnao quel giorno, qui oggi. Come è possibile ottenere vita da ciò che non ha i caratteri dell'evidenza e della forza?
«Vuoi andartene anche tu?». Tante le occasioni in cui risuona questa domanda: quando, provato dalla stanchezza, non riesco più a pregare; quando, visitato dal tradimento, non credo più nell'amicizia; quando, sorpreso dalla facilità con cui si usano certe parole, non riesco più a dare peso alle cose dette da chiunque mi vengano rivolte; quando non riesco a riconoscere la parola racchiusa nella mia e nella altrui fragilità; quando mi scandalizza un momento di malattia o mi opprime l'esperienza di un lutto; quando inseguo miraggi che vorrebbero distogliermi dalla fedeltà al qui e ora della mia storia; quando fatico a stare a contatto con la carne dei fratelli a me affidati.
Conosco anch'io la durezza di quel linguaggio e la tentazione di fare marcia indietro e lasciare che le cose facciano il loro corso, ma senza di me. Oppure, di restare ma con l'animo e il cuore di Giuda che non ha il coraggio di andarsene. Può accadere anche questo, infatti.
Poi ripenso a Pietro. Come vorrei avere la sua fiducia, quanto vorrei salvarmi in calcio d'angolo come lui mentre ripete: «Da chi vado, Signore? Fatico ad accogliere ciò che mi chiedi, ma so che è l'unica strada se non voglio ritrovarmi a mendicare parole e gesti che non hanno la forza di rimettermi in cammino. Aiutami a comprendere che è da insensati mollarti quando la vita mi mostra un volto sfigurato che non attira affatto il mio sguardo e non seduce più il mio cuore. È vero: a volta non ci capisco niente, ma continuo a fidarmi di te».


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