Omelie - Il Vangelo della domenica
a cura di Antonio Savone, presbitero della diocesi di Potenza-Muro Lucano-Marsico Nuovo
Vita Pastorale (n. 8/2021)
ANNO B – 8 agosto 2021
XIX Domenica del Tempo ordinario
1Re 19,4-8 • Salmo 33 • Efesini 4,30-5,2 • Giovanni 6,41-51
(Visualizza i brani delle Letture)
XIX Domenica del Tempo ordinario
1Re 19,4-8 • Salmo 33 • Efesini 4,30-5,2 • Giovanni 6,41-51
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L'UMANO CHE NON BASTA
Ci seduce la ricerca dello straordinario,del sorprendente. Ci ammalia ciò che ha niente da spartire con il già visto, il già conosciuto. È come se fossimo disposti a dare credito solo a ciò che è oltre l'umile misura delle cose, oltre il feriale.
A volte, se non arriviamo a disprezzare il pane ordinario con cui la vita si prende cura di noi, di fatto non ne teniamo alcun conto: noioso, ripetitivo, proprio come nauseante risultò la manna data da Dio nel deserto. Cisi stanca di tutto, non a caso. Ci si stanca del marito, della moglie, dei figli, dell'amico, del lavoro, dello studio, di tutto ciò che non ha più il carattere della brillantezza. Il modo ordinario e ripetitivo della vita ci fa arrestare se non addirittura arretrare. E così ci si ritrova come eterni adolescenti a ricercare l'ultimo ritrovato, sia esso un affetto o un oggetto, sia esso un dio o un'esperienza. L'umano non ci basta.
Non diversa dovette essere la situazione degli interlocutori di Gesù: «Di lui conosciamo il padre e la madre». La carne di quell'uomo era moneta nota perché potesse essere il tramite di una particolare rivelazione di Dio. La carne attraverso cui Dio continua a rivelarsi è fatta della pasta di cui sono fatte le nostre giornate. E noi continuiamo a ricacciare ai margini proprio ciò che Dio più usa per farsi conoscere da noi mediante quell'azione misteriosa dello Spirito che tutti raggiunge nei modi più impensati.
Quando la realtà smentisce le aspettative, è la crisi. La crisi, però, è proprio l'opportunità per imparare, una volta di più, a non rifuggire gli aspetti di vulnerabilità e di limite di cui siamo fatti, se non vogliamo diventare collezionisti di continue illusioni.
Della vita, di Dio, degli altri, di noi stessi, saremmo tentati di prendere solo alcuni aspetti. Per questo, Prezzolini ripeteva: «Le religioni presiedono al commercio di Dio. Lo vendono a pezzi e a bocconi, a fette e a morselli, cotto, crudo e disossato, a credito e a contanti. Bisogna, invece, inghiottirlo tutto intero perché faccia bene: grasso e magro, ossa e polpa, pelle e ciccia. Bisogna inghiottirlo vivo e fresco».
Dio va preso per intero e non secondo il grado di piacimento. La sua presenza non era l'antidoto a come provvedere al pane di ogni giorno, come ingenuamente essi credevano. Nutrirsi di quel pane, nutrirsi di questo pane, è soltanto per farci imparare "l'arte di vivere come lui".
La fede non è mai una scelta immediata. Ripenso al profeta Elia costretto dagli eventi a mutare sguardo su Dio e su di sé. Il profeta arriva persino a desiderare la morte: «Ora basta, Signore». Quando la realtà eccede le tue aspettative, solo la morte sembra essere l'unica via di scampo. Non a caso Elia sceglie il deserto, la non vita. Eppure, proprio lì il Signore farà comprendere al profeta che Dio si rivela sempre sub contraria specie. Dio si prenderà cura di lui attraverso il segno povero del pane. Elia, però, dovrà fare la fatica di alzarsi per prenderlo.
San Giovanni della Croce, indicando il crocifisso, mette sulle labbra del Signore queste parole: «Fissa lo sguardo su lui solo: in lui ti ho detto e dato tutto. Vi troverai molto di più di quanto cerchi e desideri». A me basta?
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