XVIII Domenica del Tempo ordinario (B)




Omelie - Il Vangelo della domenica
a cura di Antonio Savone, presbitero della diocesi di Potenza-Muro Lucano-Marsico Nuovo
Vita Pastorale (n. 8/2021)


ANNO B – 1 agosto 2021
XVIII Domenica del Tempo ordinario

Esodo 16,2-4.12-15 • Salmo 77 • Efesini 4,17.20-24 • Giovanni 6,24-35
(Visualizza i brani delle Letture)

SAZIARE LA FAME PIÙ VERA

Aveva sfamato cinquemila uomini, era ovvio che la folla lo cercasse. Eppure, Gesù non vuole che ci si fermi a una lettura superficiale di quel fatto, per questo la invita a darsi da fare per avere ciò che assicura la vita vera. Non basta soddisfare la pancia: c'è un'altra pienezza verso cui incamminarsi. Non basta un'esistenza qualunque: c'è un’altra vita verso cui affrettare i propri passi. Non puoi accontentarti di ciò che è soltanto primizia di quanto vivremo in pienezza quando vedremo Dio così come egli è. Sono io il pane della vita: quel pane è lui, la sua persona, la sua presenza, la sua vita, le sue parole, i suoi gesti.
Ora, finché si tratta di mettersi alla ricerca di qualcosa che sazi i morsi della fame si può anche fare, ma quando ci è chiesto di entrare nello stile di vita di colui che si propone a noi come l’unico in grado di saziare la fame più vera, le cose cambiano. E, infatti, di lì a poco, persino molti discepoli non tarderanno a riconoscere: questo linguaggio è duro...
La folla legge quanto accaduto solo alla luce del proprio bisogno materiale. Era accaduto anche al popolo d'Israele. Preferiva rimpiangere la schiavitù dell'Egitto (segnata anche da una discreta sazietà, della serie: si stava meglio quando si stava peggio), piuttosto che assumere la fatica del cammino verso la libertà. Accade anche a me: vorrei poter ascoltare soltanto ciò che, in qualche modo, confermi le mie aspettative. Non è un caso che la domanda posta dalla folla a Gesù verta sul fare: «Che cosa dobbiamo fare?». La stessa posta un giorno da un giovane, ricco. Una domanda che se da una parte rivela una certa disponibilità, rivela pure una sorta di fraintendimento. Tanto è vero che quando giunge la risposta inattesa, sia la folla che il giovane ripiegano altrove. È il fraintendimento proprio di un certo pragmatismo.
Per Gesù non si tratta di qualcosa da fare: è necessario lasciarsi trasformare. Non a caso, il cibo attraverso cui Dio aveva nutrito il popolo nel deserto non era immediatamente circoscrivibile nelle proprie categorie di pensiero. Quel cibo era una domanda aperta: "Che cos’è?". Come a dire: attenzione a volersene impossessare cristallizzandolo. Si trattava di un cibo che teneva aperta la questione di fiducia: bisognava credere che Dio avrebbe provveduto nuovamente il necessario per la razione di un giorno.
Nella vita di ogni uomo c'è un'opera che Dio sta compiendo: ciò che è da fare è riconoscerla e accoglierla nella certezza che affidandomi a lui, posso gustare la vita, quella vera. È la cosa più difficile: finché si tratta di compiere qualcosa, possiamo anche accettare la sfida; acconsentire, invece, a un diverso modo di guardare le cose, no.
Se un tempo a far problema era la manna, ora è Gesù a non bastare: ciò che ha compiuto è insufficiente ad alimentare la fede in lui. Occorre un segno più grande di quello che attribuiscono a Mosè e non riescono a comprendere che il segno per eccellenza è sotto i loro occhi. A chi non riesce a nutrirsi che di pane, neppure Dio basta. Per chi crede nessun miracolo è necessario, ma per chi non crede nessun miracolo basta.


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