Omelie - Il Vangelo della domenica
a cura di Antonio Savone, presbitero della diocesi di Potenza-Muro Lucano-Marsico Nuovo
Vita Pastorale (n. 7/2021)
ANNO B – 25 luglio 2021
XVII Domenica del Tempo ordinario
2Re 4,42-44 • Salmo 144 • Efesini 4,1-6 • Giovanni 6,1-15
(Visualizza i brani delle Letture)
XVII Domenica del Tempo ordinario
2Re 4,42-44 • Salmo 144 • Efesini 4,1-6 • Giovanni 6,1-15
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IL DIFFICILE ESODO
«A quanti lo hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio». Per l'evangelista Giovanni la missione del Figlio di Dio è farci passare da schiavi a figli, un esodo espresso in quel passare da una sponda all'altra del mare di Tiberiade.
Ora, se può essere facile abbandonare una sponda del lago per raggiungere l'altra in cerca di Gesù, non lo è altrettanto l'abbandono di un sistema che mira a guadagnarsi il favore di Dio per assumere, invece, lo stile dei figli che somigliano al Padre celeste.
Per la folla cercare Gesù significava veder dischiusa la propria identità più vera, quella di figli, appunto. Presagiva che attraverso di lui era di nuovo aperto l'accesso alla pienezza di vita smarrita in Eden. La fame patita era l'esito nefasto di ciò che aveva prodotto l'aver rescisso il rapporto con Dio e il percepire di essere abbandonati a sé stessi. Un cammino che si rispetti ha bisogno del giusto sostentamento: un pane vale l'altro?
Gesù si accorge del bisogno reale di quella gente e previene la domanda: Filippo e Andrea sono messi alla prova perché capiscano che la soluzione non è nelle loro mani, anzitutto. Filippo, infatti, attinge al senso comune che vede nella logica del denaro l'unica soluzione. Non ha ancora compreso che il pane vero non viene dalla capacità dell'uomo: ci sono cose che non si possono comprare. Se così stanno le cose, per Filippo non resta che il congedo, riconoscere, perciò, che questo cammino non si può compiere. Per quanto agognata, la libertà è troppo costosa.
Ciò che Filippo confessa è vero: il cammino verso la libertà non si può compiere attingendo alle sole nostre forze. Meglio rinunciare.
Andrea, dal canto suo, propone una solidarietà di partecipazione che, tuttavia, gli pare insufficiente. C'è ben poco a disposizione: per lui, il poco corrisponde al nulla. La soluzione, invece, non è nel dare qualcosa ma nel dare sé stessi.
Gesù chiede ai discepoli di stare in quella situazione cogliendone tutta la provocazione per il loro ministero e di non pretendere soluzioni a metà. Non occorre andare a comprare: il pane va donato, non comprato. Per questo, una volta che un ragazzo rompe il gioco dell'accaparramento, Gesù chiede che quella folla anonima si accomodi, ossia recuperi la sua dignità. Mangiare sdraiati era l'atteggiamento degli uomini liberi.
A questo punto Gesù rende grazie perché ciò che si è e ciò che si ha è dono dell'amore fedele del Padre. Ciò che è dono non può essere trattenuto ma va condiviso. Proprio la condivisione fa sì che il dono si moltiplichi: il miracolo, infatti, non è che il pane si moltiplichi ma che lo si condivida. Ma la folla non riesce a leggere il segno: si ferma allo straordinario. Mossa com'è da attese mondane, non trova di meglio che proclamare re Gesù. È lungo e faticoso il cammino della liberazione. A ragione Dostoevskij afferma che se la gente dovesse scegliere fra star bene ed essere libera, sceglierebbe di star bene.
Cosa scelgo: lo star bene di un momento grazie alla soddisfazione dei miei bisogni o la fatica dell'esodo che mi porta a riconoscere che tutto è grazia e segno di Dio, che vuol saziare la fame di ogni uomo, anche attraverso di me?
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