Omelie - Il Vangelo della domenica
a cura di Antonio Savone, presbitero della diocesi di Potenza-Muro Lucano-Marsico Nuovo
Vita Pastorale (n. 7/2021)
ANNO B – 4 luglio 2021
XIV Domenica del Tempo ordinario
Ezechiele 2,2-5 • Salmo 122 • 2Corinzi 12,7-10 • Marco 6,1-6
(Visualizza i brani delle Letture)
XIV Domenica del Tempo ordinario
Ezechiele 2,2-5 • Salmo 122 • 2Corinzi 12,7-10 • Marco 6,1-6
(Visualizza i brani delle Letture)
L'INDISPONIBILITÀ DELLA PRESUNZIONE
C'era di che essere fieri: dalla bocca del figlio di Maria e di Giuseppe uscivano "parole di grazia", quell'uomo aveva dei poteri straordinari. La sua fama lo precedeva. Era una vera e propria gloria paesana a cui poter far ricorso alla bisogna. Tanti lo avevano visto bambino, molti saranno stati suoi compagni di gioco o di bottega. Di certo non lasciava indifferenti se l'evangelista annota che «tutti erano stupiti»: erano d'obbligo le domande circa l'origine di quella sapienza inattesa.
I suoi concittadini riconoscevano qualcosa di non comune in Gesù. E, tuttavia, non potevano non misurarlo raso terra: infatti, dopo essere partiti da un "altrove" sconosciuto («da dove?», si domandano) avevano finito per ridurre tutto all'angusta misura del lavoro da falegname e a quella del suo parentado. L'opinione pubblica aveva ceduto il posto all'emozione pubblica, quella che misura la verità delle cose non a partire dai fatti ma da ciò che si sente circa quei fatti. Meglio un Dio a misura delle proprie fantasie e delle proprie aspettative che non quello che hai davanti a te e che veste in modo tanto dimesso.
L'indisponibilità alla fede in Gesù traduce tutt'altra indisponibilità, quella al cambiamento. Difficile, talvolta addirittura impossibile, vedere le cose come sono: molto più semplice vederle come crediamo che siano.
E, infatti, all'improvviso, lo stupore iniziale si trasforma addirittura in scandalo. Le domande che buttano addosso a Gesù finiscono per renderlo insignificante dal momento che hanno deciso a priori di non lasciarsi interpellare affatto né dai suoi segni né dalle sue parole. Di fatto non si attendono alcuna spiegazione. La sua presenza in mezzo a loro diventa scomoda proprio come qualcosa che è di intralcio e di cui bisogna liberarsi in tutta fretta. Avevachiesto loro di scendere a un nuovo livello di profondità senza fermarsi alla superficie, ma ciò risultava troppo faticoso. Per questo preferiscono leggere la sua persona secondo lo stato civile e sociale riducendo tutto al mero piano di ciò che cade sotto i loro occhi: si fermano al piano della percezione. E così la presunzione di sapere finisce per diventare un ostacolo insormontabile.
Come se non bastasse Gesù rincara la dose: l'amore non è amato proprio là dove, invece, dovrebbe essere di casa. Anche Dio conosce lafrustrazione delle proprie attese.
E così, persino Dio non riesce a credere! A cosa? Al mistero della nostra chiusura: «E si meravigliava della loro incredulità». Dio non si stupisce della nostra fragilità, non si meraviglia del nostro peccato: gli sembra incredibile, invece, che non gli crediamo. Non se ne fa una ragione, non si capacita: quella indisponibilità, infatti, avrà come prezzo altissimo la morte stessa di colui che ora cacciano fuori. Di fronte all'incredulità Dio fa un passo indietro, tanto da non poter fare più nulla.
Anche Gesù ha bisogno di trovare un antidoto a quella che è stata una vera e propria esperienza di sofferenza e di rifiuto. Perquesto, come raccogliendo tutte le sue energie, si rivolge altrove: il dolore registratononfa di lui un risentito ma diventa sprone per nuove ripartenze.
--------------------
torna su
torna all'indice
home
torna su
torna all'indice
home