XIII Domenica del Tempo ordinario (B)




Omelie - Il Vangelo della domenica
a cura di Antonio Savone, presbitero della diocesi di Potenza-Muro Lucano-Marsico Nuovo
Vita Pastorale (n. 6/2021)


ANNO B – 27 giugno 2021
XIII Domenica del Tempo ordinario

Sapienza 1,13-15; 2,23-24 • Salmo 29 • 2Corinzi 8,7.9.13-15 • Marco 5,21-43
(Visualizza i brani delle Letture)

SOLTANTO ABBI FEDE

Quando guardiamo alla nostra esistenza, cogliamo come malattia e morte siano sempre in agguato: un incidente, un male incurabile, l'impossibilitàdellamedicina, talvolta.Viviamo un profondo senso di impotenza e di paura nel non riuscire a dare a simili eventi la plausibilità di un senso. Anche noi cristiani rischiamo di vacillare e di diventare analfabeti del Vangelo. Dimentichiamo che «il dolore e la malattia fanno parte del mistero dell'uomo sulla terra» (san Giovanni Paolo II). Fatichiamo a comprendere che, pur lottando a ragione contro la malattia, il dolore ha bisogno di essere illuminato dalla fede così da leggere la parola rivolta a noi dalla sofferenza che bussa alla nostra porta.
Non c'è male, non c'è limite, non c'è morte che non rappresenti per noi uno snodo esistenziale. Sono eventi paradossali che rimandano a qualcosa che va oltre il loro accadere: si tratta di un invito all'incontro con la verità di sé stessi, anzitutto, e di ciò a cui siamo chiamati. Dio stesso ci ha insegnato che quelle esperienze non vanno spiegate, anzitutto, ma assunte, attraversate e accompagnate.
Quando il dolore è illuminato dalla fede, ci si ritrova nella disponibilità ad accettare la pagina buia della prova, sapendo che questo ha nulla a che spartire con un atteggiamento ripiegato o rassegnato. Pur ricorrendo ai rimedi della medicina e pur facendo di tutto perché la scienza allevii la sofferenza, il cristiano sa che la soluzione ultima non risiede nella scienza medica ma nel rapporto con Gesù Cristo che non viene mai meno. Non è un caso che il Vangelo distingua tra guarigione e salvezza. Basta l'integrità fisica quando non si riesce più a comprendere a cosa è chiamato un corpo?
Èsufficiente un'ottima salute se non si è in grado di fare della propria vita un dono? Basta il miracolo di una guarigione se non si è in grado di uscire dauna logica autoreferenziale? Una vita è salva, infatti, non quando finalmente è garantita ma quando è capace di riscattare la vita di qualcun altro.
È la fede a non farci perdere la certezza di essere figli amati anche se attraversiamo la prova. È la fede a permettere di benedire il Dio della vita senza maledire un'esistenza che pure può essere faticosa. È la fede a permettere a un giovane di vent'anni affetto da una grave malattia, di testimoniare così: «Ho capito l'essenziale, che anche soffrendo si può amare: cosa m'importa, allora, morire a venti o a ottant'anni? Cos'altro posso aspettarmi dalla vita?».
Soltanto abbi fede...
Una fede che osa anche di fronte a una situazione senza ritorno, questo è il vero miracolo. Proprio là dove c'è un'impotenza confessata, c'è altresì una fede ostinata, quella capace di sperare contro ogni speranza.
Soltanto abbi fede...
Gesù sembra dire che non basta il gesto che nasce dalla disperazione: occorre una fede capace di attraversare le notti della vita. È necessaria una relazione con Dio che superi la fase dell'epidermico, il momento della necessità e si misuri con la durata, con il tempo.
Soltanto abbi fede...
Non lasciar perdere quando tutto sembra finito perché volontà di Dio è che tu abbia la vita, quella vera.


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