Omelie - Il Vangelo della domenica
a cura di Antonio Savone, presbitero della diocesi di Potenza-Muro Lucano-Marsico Nuovo
Vita Pastorale (n. 6/2021)
ANNO B – 13 giugno 2021
XI Domenica del Tempo ordinario
Ezechiele 17,22-24 • Salmo 91 • 2Corinzi 5,6-10 • Marco 4,26-34
(Visualizza i brani delle Letture)
XI Domenica del Tempo ordinario
Ezechiele 17,22-24 • Salmo 91 • 2Corinzi 5,6-10 • Marco 4,26-34
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I PARADOSSI DI DIO
Il facile entusiasmo suscitato dalla parola e dai gesti di Gesù aveva presto ceduto il posto al disincanto. I nazaretani si scandalizzavano di lui, molti andavano solo alla ricerca di segni, gli stessi discepoli faticavano a comprenderlo. Come credere che Dio potesse essere riconosciuto e accolto senza imporsi?
È in una situazione simile che sulle labbra di Gesù affiorano le parole sul seme sparso. È così che egli risponde alla tentazione di volersi contare, alla curiosità di verificare dove si realizza ciò che si annuncia, al bisogno di conoscere il quando questo accade, all'esasperazione di voler affrettare le cose e alla paura di doversi confrontare con situazioni avverse.
La parabola del seme, infatti, è rivolta a chi vive la preoccupazione perché la parola di Gesù è respinta. È necessario imparare ad attendere: il rifiuto degli uomini o la loro accoglienza superficiale potranno rallentare il cammino della Parola seminata, ma non potranno pregiudicarne la fecondità. Bando, perciò, all'ansia e alla paura, bando all'affanno dell'organizzazione come se il risultato fosse commisurato alle energie spese in campo. Il raccolto è garantito, nei tempi e nei modi che solo Dio conosce: esso accade invisibilmente, misteriosamente e silenziosamente. Se a me spetta non tirarmi fuori dalla storia, mi è chiesto pure di smettere la pretesa di controllare eventi e situazioni. La fecondità del seme non dipende dalla mia bravura o da chissà quale strategia. Il "tra" che viene dopo la semina e prima del raccolto misura da una parte tutta la nostra impotenza e dall'altra la capacità di attendere con pazienza, con fiducia e con speranza.
Gli inizi modesti dell'opera di Dio fanno chiedere ai discepoli quale esito essa potrà mai avere. Faticano a comprendere che Dio comincia sempre con poco, addirittura con nulla. Ciò che conta non è la modestia degli inizi ma la fiducia verso la sua persona e l'abbandono incondizionato alla sua Parola.
Attenzione, perciò, a valutare l'opera di Dio con criteri di mercato. Proprio perché è opera di Dio si tratta di una realtà soprannaturale che non può essere accostata con un approccio tipicamente umano. Proprio ciò che è debolezza per gli uomini è potenza di Dio (cf 1Cor 1,25).
Dio è sempre all'opera, non sta a me garantire il frutto: esso è insito nella forza del seme che Dio sparge a piene mani. A me spetta, anzitutto, non ostacolare l'azione della grazia.
Dio è amico del silenzio, predilige il nascondimento, ama la non appariscenza. Si manifesta nel piccolo seme che è il Figlio. Si manifesta persino mediante la fragilità dei continuatori dell'opera del Figlio. Essi, infatti, vivono la consapevolezza che «né chi pianta, né chi irrìga è qualche cosa, ma Dio che fa crescere» (1Cor 3,7).
A noi spetta mettere a disposizione tutti i doni di natura e di grazia perché, anche dal poco, il Signore possa far maturare il frutto atteso. La forza e la consistenza di ogni azione, infatti, vengono da un Altro.
Per vie solo a lui note, Dio porta sempre a compimento l'opera che ha iniziato. Il nulla del seme e l'insuccesso della crescita non saranno mai un ostacolo insormontabile.
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