Santa Famiglia (B)




Omelie - Il Vangelo della domenica
a cura di Antonio Savone, presbitero della diocesi di Potenza-Muro Lucano-Marsico Nuovo
Vita Pastorale (n. 11/2020)


ANNO B – 27 dicembre 2020
Santa Famiglia

Genesi 15,1-6; 21,1-3 • Salmo 104 • Ebrei 11,8.11-12.17-19 • Luca 2,22-40
(Visualizza i brani delle Letture)

A PASSO D'UOMO

A dispetto di un certo modo di accostare la famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe come una realtà immobile perché perfetta, sacra perché esente da preoccupazioni, il Vangelo ci consegna tutt’altra chiave di lettura: una realtà in continuo movimento,dinamica,attraversata persino da ombre fitte vinte solo grazie alla tenue luce della promessa di Dio.
Quando Dio ha scelto quella coppia come il nucleo all’interno del quale farsi uomo, ha scelto pure un vero e proprio apprendistato. È cresciuto a passo d’uomo: «il bambino cresceva e si fortificava» (Lc 2,40).
Si è trovato un nome imposto da altri, ha abitato in un luogo, ha fatto sua una lingua, ha intessuto relazioni, ha respirato un certo clima, ha appreso certi accenti, ha conosciuto certe tonalità relazionali, ha imparato a pregare, ha appreso un lavoro.
Il tempo vissuto da Gesù a Nazaret è un tempo lunghissimo e guai a ridurlo, snatureremmo il senso stesso dell’incarnazione. Per questo abbiamo bisogno di non distogliere lo sguardo da come il Vangelo ci presenta la dinamica familiare di Gesù, Maria e Giuseppe, finiremmo per racchiudere il Vangelo in un gergo religioso che non incrocia mai le nostre esistenze. Gesù ha potuto rivelare il mistero santo di Dio con un’autorità senza eguali proprio perché non ha mai preso le distanze dalle fatiche dei suoi contemporanei. A passo d’uomo e senza sconti, pur essendo Figlio di Dio.
Da Maria e Giuseppe ha appreso la difficile arte del non sentirsi arrivati. Non si spiegherebbe altrimenti il suo mutare prospettiva di fronte alla donna che riconoscerà un diritto di primogenitura dei figli ma gli dirà di non dimenticarsi di lasciar cadere del cibo anche per i cagnolini.
Chi più di Maria e Giuseppe ha dovuto continuamente stare in cammino ora per un editto imperiale ora per adempiere la legge mosaica? La fede non è forse dare credito a Dio uscendo, partendo, fidandosi e accogliendo? Colui che era Dio ha dovuto imparare a essere uomo, e Maria e Giuseppe l’arte di crescere insieme a lui.

Chi più di loro ha dovuto imparare la differenza che intercorre tra vivere ed esistere? Se per vivere basta essere generati uscendo dal grembo materno, per esistere bisogna accettare di essere continuamente messi alla luce da eventi e situazioni. Io vivo o esisto?
Chi più di loro ha dovuto apprendere proprio dal Figlio cosa volesse dire far sì che la propria identità fosse di nuovo da generare? Maria non dovrà forse un giorno misurarsi con un diverso modo di esercitare la sua maternità quando si sentirà dire dal Figlio: «Chi compie la volontà del Padre mio questi è per me fratello, sorella e madre» (Mc 3,33-34)? Non dovrà nuovamente accettare di rivedere il suo essere madre quando, ai piedi della croce, si sentirà consegnare un nuovo figlio? Forse che si improvvisa una tale disponibilità ad accogliere senza un previo acconsentire a stare in cammino proprio come era accaduto ad Abramo e Sara e a Simeone ed Anna?
Da essi e dalle parole di Simeone dovrà apprendere persino cosa significa la dimensione del rifiuto nella sua esistenza.


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