Epifania del Signore (B)




Omelie - Il Vangelo della domenica
a cura di Antonio Savone, presbitero della diocesi di Potenza-Muro Lucano-Marsico Nuovo
Vita Pastorale (n. 1/2021)


ANNO B – 6 gennaio 2021
Epifania del Signore

Isaia 60,1-6 • Salmo 71 • Efesini 3,2-3a.5-6 • Matteo 2,1-12
(Visualizza i brani delle Letture)

LASCIARSI SCOMODARE

Per quanto pochi i dati fornitici da Matteo, c'è quanto basta per capire che si sia trattato di persone vere, disposte a lasciarsi scomodare. Cos'è un uomo e quando si è uomini lo attesta il conferire diritto di parola a ogni evento, a ogni intuizione, a ogni minimo cenno del cuore, quando si riconosce che la vita non è mai lingua morta.
Parlano le stelle e parla il Libro santo, parlano le storie e parlano i volti, parlano i fatti e parlano gli incontri, parlano gli stati d'animo e parlano le passioni, parlano i silenzi e parlano i drammi, parlano le mete raggiunte e parla l'incontro definitivo. In ogni realtà Dio ha come disseminato tracce della sua presenza: a noi il compito di raccogliere le varie tessere che compongono il mosaico così da arrivare a scoprire che solo nel Figlio suo possiamo comprendere fino in fondo chi siamo e a cosa siamo chiamati.
Dio parla, si rivela e lo fa attraverso dei segni da riconoscere e da accogliere. Ai pastori offre il segno della mangiatoia e del bambino avvolto in fasce; ai Magi la stella seguita con tenacia; ai dottori d'Israele la Scrittura. I Magi hanno lasciato parlare il firmamento, prima, la Scrittura poi, hanno lasciato parlare l'incontro e persino l'ostacolo, il fraintendimento e, addirittura, il fuorviante.
Se non fossero stati capaci d'ascolto, perché rinunciare alla loro sapienza e avventurarsi in un viaggio che a molti sarà parso insensato?
Forse, come noi, sapevano tante cose eppure mancava loro il senso delle cose che pure conoscevano. Non ci manca la competenza, ci manca la sapienza come capacità di gustare ciò di cui siamo esperti, la capacità di non fermarci alle analisi ma di cogliere i processi. Non ci manca la conoscenza ma l'intelligenza come capacità di leggere dentro, oltre, di cogliere lo spessore delle cose e delle situazioni. Non ci manca la possibilità di calcolare ma quella di osare per fede.
Qual è il segno per noi? E se la stella chiamata a guidarci fosse proprio l'inquietudine depositata al fondo di ogni esperienza che mentre ci seduce ci lascia un senso di vuoto altrimenti incolmabile?

È dietro l'angolo il pericolo di ripiegarci su di noi o perché illusi dalle nostre sicurezze come i dottori di Gerusalemme o perché paurosi, come Erode, che il Signore venga a toglierci il comodo scranno su cui vorremmo dominare incontrastati.
Dio non cessa di rischiarare il nostro buio con una stella ma perché essa possa splendere e guidarci dove vuole condurci, è necessaria la tenacia della ricerca che non cede allo scoraggiamento. Si lascia scomodare chi ha l'umiltà di confessare l'esiguità delle sue risorse e l'inconsistenza di tanti traguardi pure lodevoli.
Oggi, davanti al Signore, non portiamo oro, incenso e mirra ma la povertà di chi è ricco di tutto ma è privo di senso.
Eppure il Signore è venuto proprio per chi non temerà di dare un nome alla sua povertà: non si spiegherebbe altrimenti l'incontro con Zaccheo come con la Samaritana, con l'adultera come con il lebbroso o con il ladrone dell'ultima ora.
«Fatti capacità e io mi farò torrente», ripeté il Signore a sant'Angela da Foligno.


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